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C’era un patto di ferro tra Cosa Nostra e la Stidda

Durante l’operazione è stato rinvenuto un ordigno bellico di 700 grammi che sarebbe stato utilizzato alla bisogna

Foto Ansa.it

A Gela Cosa nostra e stidda avrebbero siglato un patto di ferro per la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti e nella richiesta delle estorsioni. Emerge dal blitz condotto dagli uomini dello Sco della Polizia, della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di polizia di Gela che ha portato in carcere 55 persone dopo una lunga indagine coordinata dalla Dda di Caltanissetta. Gli indagati sono 32 gelesi, 4 soggetti di Catania, 4 di Palermo, 12 della provincia di Agrigento e 3 della provincia di Reggio Calabria. Le contestazioni sono reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Reati aggravati dalla disponibilità, in capo agli associati, di armi (anche da guerra) ed esplosivi.

Quella condotta dalla polizia è una “operazione particolarmente rilevante – ha detto il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca – è importante perché agisce sul traffico delle sostanze stupefacenti gestita tra le due famiglie di Cosa nostra e la stidda. Gela ha una sua specificità in tutto il territorio regionale e nazionale dove sono presenti due famiglie di Cosa nostra e c’è anche la Stidda. Le tre compagini criminali hanno una intesa, hanno siglato una “pax mafiosa” che perdura nel tempo”. Durante l’operazione è stato rinvenuto un ordigno bellico di 700 grammi che sarebbe stato utilizzato alla bisogna.

Uscito dal carcere nel 2018 Giuseppe Tasca, esponente di Cosa nostra gelese della famiglia dei Rinzivillo, sarebbe diventato il capo di Cosa nostra gelese e ne aveva ripreso le redini dopo i 16 anni di carcerazione. L’operazione condotta dalla polizia è stata denominata “Ianus”, cioè una delle divinità più antiche, raffigurata con due volti. Dall’indagine della polizia emerge uno stretto collegamento con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare la ‘ndrina Longo di Polistena, nonché esponenti di Catania dai quali i gelesi si rifornivano di armi. Dall’inchiesta è emerso che un kalashnikov può essere acquistato con una somma di 2.500 euro.

“Questa operazione conferma – ha detto il procuratore di Caltanissetta De Luca-  la disponibilità di armi, che Cosa nostra non è comitato di affari ma c’è una riserva di violenza che è nel dna dell’associazione, pronta ad entrare in azione qualora le normali attività economiche non fossero sufficiente. La riserva di violenza è sempre presente”.

Alla conferenza stampa alla questura di Caltanissetta ha partecipato il direttore dello Sco Vincenzo Nicolì il quale ha evidenziato che “siamo di fronte ad una indagine classica su Cosa nostra. Emerge che possono interloquire con importanti consorterie mafiose siciliane ed esponenti di cosche regine”. Il questore di Caltanissetta Pinuccia Albertina Agnello ha evidenziato che è tornata in provincia di Caltanissetta dopo vent’anni. “Gela – ha detto – è un tessuto sul quale non si può continuare a lavorare”. Il dirigente della squadra mobile di Caltanissetta Antonino Ciavola ha evidenziato che ogni settimana si smerciavano due chili di cocaina e che ci sarebbe stato uno scambio tra i gelesi con i catanesi e uomini di Canicattì.


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