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Chiuse tre “case della prostituzione” nel Catanese. A gestirle una donna con il reddito di cittadinanza

Altri tre indagati avrebbero svolto i ruoli di addetti al centralino e alle prenotazioni dei clienti che, attraverso siti dedicati, telefonavano per fissare le prestazioni sessuali, con tariffe a partire da 50 euro

Il 29 aprile 2022, su disposizione della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Squadra Mobile ha dato esecuzione alla misura cautelare personale, emessa il 26 aprile 2022, dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, a carico di

  • C.R. (classe 1991) – sottoposta agli arresti domiciliari;
  • G. (classe 1975) – sottoposta all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria;
  • V.C. (classe 1987) – sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

in quanto ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata all’esercizio di case di prostituzione, nonché di sfruttamento e favoreggiamento sistematico del meretricio di diverse ragazze.

In particolare, le investigazioni, coordinate dalla Procura etnea ed eseguite dalla Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione della Squadra Mobile etnea, sono state avviate nel mese di febbraio 2020 a seguito di segnalazioni su una presunta casa di prostituzione insistente nel centro cittadino, supportate dai presidi tecnici, e hanno consentito di appurare, allo stato degli atti e in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, che D.C.R. era la figura apicale dell’organizzazione caratterizzata da gerarchie interne e attribuzione di ruoli. In particolare, D.C.R., manager della prostituzione indoor, si sarebbe occupata del controllo, amministrazione e direzione in prima persona di tre case di prostituzione, di cui due a Catania e una a Misterbianco (CT); mentre S.G. avrebbe avuto il compito della co-gestione della casa di Misterbianco (CT) e, infine, C.V.C. avrebbe gestito, assieme alla compagna D.C.R. la casa di appuntamento, sotto la parvenza di un Bed & Breakfast, ubicato nel centro storico di Catania, dividendo con lei gli utili provenienti dalla prostituzione altrui. Altri tre indagati avrebbero svolto i ruoli di addetti al centralino e alle prenotazioni dei clienti che, attraverso siti dedicati, telefonavano per fissare le prestazioni sessuali, con tariffe a partire da 50 euro, a seconda della tipologia di “servizio” richiesto alle donne reclutate per sfruttarne la prostituzione. Tra i massaggi più “gettonati”, assicurati da quella che era poi una vera e propria impresa a carattere essenzialmente familiare, erano i “Touch me” e “Nuru massage”. Tutto avveniva all’interno delle mura domestiche, garantendo così maggiore sicurezza agli indagati e privacy alla clientela.

A D.C.R., percettrice di reddito di cittadinanza, é stato anche contestato l’illecito per l’omessa comunicazione nei termini, ovvero dall’agosto del 2020, di redditi da lavoro irregolarmente svolto presso un negozio di abbigliamento sito in questo capoluogo.


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