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Comune di Palermo, Carolina Varchi: “Io “vicesindaco” o non firmo gli atti. Cambio di desinenze superfluo”

La battaglia politico-lessicale sull'uso della desinenza femminile o maschile per i termini istituzionali, ha fatto il proprio ingresso nel Comune di Palermo, città che avrebbe, per la verità, ben altri problemi da risolvere

La battaglia politico-lessicale sull’uso della desinenza femminile o maschile per i termini istituzionali, ha fatto il proprio ingresso nel Comune di Palermo, città che avrebbe, per la verità, ben altri problemi da risolvere. A renderla nota è stata Carolina Varchi, vicesindaco di Fratelli d’Italia, che ha dato notizia di una “questione sollevata dal segretario generale” di palazzo delle Aquile e dettato, a propria volta, una sorta di ultimatum “di genere” agli uffici comunali. “A riscontro della pregiata Sua in oggetto emarginata, sono a rappresentare il disinteresse della scrivente per la modifica della desinenza così come proposta”, ha risposto Varchi.

“Si ritiene, infatti – prosegue il vicesindaco – che iniziative simili distolgano l’attenzione da un’autentica difesa di diritti e prerogative delle donne che certamente non sono riconducibili all’utilizzo di una vocale in luogo di un’altra ma che richiedono interventi incisivi in materia di sostegno al lavoro femminile, alla parità salariale, alla famiglia (anche mediante l’erogazione di servizi per l’infanzia), al contrasto di ogni violenza di genere, solo per citarne alcuni in un elenco che non ha pretesa di esaustività ma di sola esemplificazione. Soltanto se e quando ogni battaglia per l’affermazione completa e compiuta delle pari opportunità sarà vinta, si potrà tornare a dibattere su questioni squisitamente lessicali che nulla tolgono e nulla aggiungono all’affermazione dei diritti delle donne. Chiedo, pertanto, con riferimento alle funzioni ricoperte pro tempore dalla odierna scrivente, che si continui ad utilizzare la locuzione il vicesindaco e l’assessore, diversamente non sarà sottoscritto alcun atto”.


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