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Corruzione: caso Ast all’Antimafia. Già nel 2019 indicate anomalie

"Ci siamo attivati immediatamente chiedendo alla presidenza e alla direzione generale che inviassero atti per consentirci di valutare. Dopo diversi solleciti, non ci è stato mandato nulla"

Abbiamo ricevuto una segnalazione da Barone gomme che già nel 2019 denunciava alcune irregolarità. Alcune estranee ai compiti dell’organismo, ad esempio indennità che a giudizio della società venivano conferite al consiglio di amministrazione in divieto di legge. Un’altra, invece, segnalava la gestione non trasparente relativa alla fornitura di pneumatici: ci siamo attivati immediatamente chiedendo alla presidenza e alla direzione generale se le denunce pervenute fossero fondate, e che inviassero atti per consentirci di valutare. Dopo diversi solleciti, abbiamo scritto almeno sei volte, però non c’è stato mandato nulla”. Così Antonino Fiumefreddo, presidente dell’organismo di vigilanza dell’Azienda siciliana trasporti (Ast), ascoltato oggi pomeriggio dalla commissione regionale Antimafia, presieduta da Claudio Fava, in merito all’inchiesta per corruzione e truffa che ha portato alle dimissioni dei vertici dell’azienda.

Tutti gli atti li abbiamo ricevuti da Barone gomme, persino una sentenza della giurisdizione amministrativa che aveva proceduto ad annullare una gara”, ha ribadito Fiumefreddo. Da Fiduccia e Tafuri, all’epoca rispettivamente direttore generale e presidente del cda, soltanto il 25 marzo del 2020, “più di un anno dopo le nostre sollecitazioni, è arrivata una risposta scritta in cui si liquidava la vicenda come “un accanimento generato nei confronti della rinnovata azione amministrativa di Ast, e quindi della ritrovata concorrenzialità nelle procedure di gara concorrenza”. In sostanza una “ripicca” per essere stati estromessi dai bandi di gara, un “comportamento offensivo e aggressivo” per i vertici di allora dell’Ast ha aggiunto Fiumefreddo. Incalzato da Fava – come mai più di un anno per arrivare a questa risposta – ha spiegato che interpellato il presidente Tafuri “quest’ultimo si è lamentato con me di una difficoltà con gli uffici ad adempiere alle varie comunicazioni”. Non solo quelle carte “non ci sono mai state mostrate, ma nel frattempo ci sono state anche le perquisizioni, che è un fatto pubblico. A quel punto abbiamo chiesto anche di avere copia di ordinanza di esibizione o di acquisizione o di sequestro degli atti. Perché dalle notizie giornalistiche non si capiva quali delle tre istituti si fossero perseguiti, ma si sono trincerati dietro al segreto di indagini che ovviamente non esiste”.


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