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Depistaggio e mafia, a giudizio due ex generali dei Carabinieri

Il processo inizierà il 14 gennaio al tribunale di Caltanissetta

Il Gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello ha rinviato a giudizio il generale dei carabinieri – oggi in pensione – Angiolo Pellegrini e il suo collega Alberto Tersigni, anche lui oggi in quiescenza. L’accusa è di depistaggio perché, dopo non avere approfondito le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, avrebbero mentito ai pm nisseni che chiedevano loro chiarimenti, ostacolando le indagini. Con loro va a giudizio, con l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso. Il processo inizierà il 14 gennaio al tribunale di Caltanissetta.

La richiesta di processarli era stata formulata dalla Procura nissena, a cui erano state trasmesse le dichiarazioni fatte dal collaborante Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia e nel processo Capaci bis. Riggio, originario del Nisseno, aveva detto di avere raccontato ai due ex ufficiali di un progetto di attentato contro il giudice di Palermo Leonardo Guarnotta, da compiere nel 2001. A riferirglielo sarebbe stato Peluso, ma Pellegrini e Tersigni, secondo la Procura di Caltanissetta, avrebbero ostacolato le indagini “finalizzate ad acquisire elementi per comprovare l’autenticità delle dichiarazioni di Riggio”.

Pellegrini, oggi di 82 anni, personaggio notissimo nella lotta alla mafia, già stretto collaboratore di Giovanni Falcone, sempre nel processo Trattativa Stato-mafia aveva detto di avere conosciuto Riggio come personaggio disponibile a dare indicazioni su Bernardo Provenzano, all’epoca (2001) ancora latitante. Dopo avere “costantemente informato l’autorità giudiziaria di Caltanissetta”, l’ex alto ufficiale, una volta trasferito alla Dia di Palermo, aveva scritto una lettera anche alla Direzione centrale della Direzione investigativa antimafia, parlando delle possibili informazioni su Provenzano e di Giovanni Peluso, conoscente del pentito, che doveva, per conto della criminalità, venire a Palermo “a fare qualcosa” Peluso, dopo alcune investigazioni, venne fuori come personaggio poco affidabile. Anche Tersigni, in forza per un periodo alla Dia (fu lui a svolgere le indagini sull’ex calciatore Fabrizio Miccoli, poi condannato a Palermo) indagò sulla vicenda.


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