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Depistaggio su via D’Amelio, parla Salvatore Borsellino: “sentenza beffa, traditi dallo Stato”

Una sentenza, quindi, incalza indomito Salvatore Borsellino, che "tradisce la richieste di giustizia dei parenti delle vittime di mafia e di tutti i cittadini onesti"

Purtroppo quando si tratta di rappresentanti dello Stato, in questo Paese non è possibile avere giustizia o che lo Stato processi se stesso. O si viene assolti perché il fatto non costituisce reato, o subentra la prescrizione. Quindi ancora una volta non c’è stata né verità né giustizia“. Affida ad Agi la sua amarezza Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso nella strage mafiosa di via D’Amelio il 19 luglio 1992, commentando la sentenza del processo di primo grado a carico di tre poliziotti, che ha stabilito, a quasi una settimana dal trentennale dell’eccidio, l’assoluzione per uno di loro e la prescrizione per gli altri due, essendo stata esclusa l’aggravante mafiosa. Una sentenza pronunciata ieri davanti a due dei figli di Paolo Borsellino, Lucia e Manfredi.

Ieri, ascoltando la notizia dai telegiornali – ha aggiunto – mi è venuto in mente la prima volta che sono stato a Caltanissetta per il processo. Stavo cercando il palazzo di giustizia e non lo trovavo. Chiesi delle informazioni a delle persone che stavano in una bar e mi risposero in dialetto: ‘Il palazzo è là dietro, la giustizia non sappiamo dov’è”. Purtroppo da Caltanissetta non mi aspetto verità e non mi aspetto giustizia“.

Una sentenza, quindi, incalza indomito Salvatore Borsellino, che “tradisce la richieste di giustizia dei parenti delle vittime di mafia e di tutti i cittadini onesti. E’ una giustizia che delude, ma da Caltanissetta non mi aspetto altro. Se mi aspetto qualcosa – dice sicuro ad Agi – è dai processi che si svolgono a Reggio Calabria, a Firenze. Il Borsellino quater era stata una svolta positiva perché si era avuta una giustizia parziale, affermando che questo era stato il più grande depistaggio nella storia d’Italia, ma dopo allora si doveva intraprendere una strada che non è stata seguita“.

Una sentenza come questa che arriva a pochi giorni dal trentennale della strage “suona come una beffa. E’ assolutamente così e non è la prima volta“. Resta il fatto che le morti come quelle di Borsellino e Giovanni Falcone, sottolinea Salvatore, “non sono mai inutili, se non altro nella gente hanno causato una presa di coscienza, nei giovani soprattutto. Ma oggi si celebrano come eroi le vittime di quelle stragi e intanto se ne distrugge il patrimonio di leggi che ci avevano lasciato per dare alle magistrature e forze dell’ordine le armi necessarie per combattere la criminalità organizzata“. A breve “arriverà l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo e sarà cambiata la legge sui collaboratori di giustizia. Mentre si proclamano eroi ne tradiscono e distruggono il patrimonio di leggi che ci avevano lasciato”.

Trascorsi trenta anni dalla strage nella quale morirono il giudice Paolo Borsellino i componenti della sua scorta, non rimane che prendere atto di una giustizia che non c’è stata e non potrà mai esserci, e di una verità che emerge in maniera soltanto parziale, che non spiega ancora la genesi delle stragi. A nome mio e dei familiari di vittime innocenti di mafia, esprimo la mia vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime della strage di via D’Amelio“. Lo afferma Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale Familiari vittime di mafia.


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