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Detenuto finge di impiccarsi in cella per poi aggredire il poliziotto penitenziario. Sappe: “non siamo carne da macello”

"Ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari della nazione, contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze"

Ha finto di impiccarsi nella sua cella del carcere di Ragusa ma, una volta che un poliziotto penitenziario era entrato nel locale per salvarlo, lo ha selvaggiamente aggredito. Donato Capece, segretario generale del sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commenta: “solidarietà e vicinanza al poliziotto aggredito. Ma non si può più lavorare così. Non siamo carcere da macello. Ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari della nazione, contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato. Sono infatti continue le aggressioni al personale di Polizia penitenziaria che si verificano senza che vi sia un intervento da parte degli organi superiori. E questo convince i detenuti, specie quelle più violenti, che possono fare quel che vogliono, restando impuniti. È una vergogna”.

“Ci vuole fermezza e tolleranza zero”, prosegue Capece, che rinnova la richiesta di dotazione agli Agenti di Polizia Penitenziaria del taser, “a tutela della stessa incolumità fisica e del servizio quotidianamente svolto da donne e uomini che, ogni giorno, sorvegliano soli reparti con 50/100 detenuti almeno, che hanno a che fare con ristretti che mettono a repentaglio l’ordine e la sicurezza della sezione detentiva, che si confrontano a detenuti con in mano una o più lamette intrise di sangue, o con una padella piena di olio bollente tra le mani pronta per essere buttata in faccia all’operatore, o una busta di pipì o di feci, o con un piede di tavolino in mano pronto ad essere scagliato contro un poliziotto…”.


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