La terza sezione della Corte d’appello di Palermo ha disposto il divieto di dimora in Sicilia per i nove fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro, scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare. Il ritorno in libertà era stato obbligato, nonostante la condanna, ma, su richiesta della Procura generale di Palermo, gli stessi giudici del collegio presieduto da Sergio Gulotta hanno deciso la misura cautelare non restrittiva. Gli imputati – tutti condannati e tutti residenti nel Trapanese – non dovranno violare il divieto, a pena di un nuovo arresto. Contestualmente è stato imposto anche il divieto di espatrio.
I destinatari sono Nicola Accardo, Giuseppe Tilotta, Paolo Bongiorno, Calogero Guarino, Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, Andrea Valenti, Filippo Dell’Acqua e Antonino Triolo. Angelo Greco invece ha interamente scontato la pena e non è stato sottoposto a nessun obbligo alternativo. Il gruppo di imputati è stato condannato sul presupposto di avere appoggiato la latitanza e di avere fatto gli interessi di Messina Denaro, morto il 25 settembre 2023 dopo essere stato catturato, al termine di una latitanza trentennale, il 16 gennaio dello stesso anno. I paesi di cui sono originari gli imputati sono tutti in provincia di Trapani: Castelvetrano e Campobello di Mazara, paesi rispettivamente di origine e di latitanza del superboss, Partanna e Mazara del Vallo. La scarcerazione era arrivata a causa di un annullamento con rinvio, deciso dalla Cassazione per la rivalutazione di un’aggravante (il reimpiego dei proventi illeciti nelle attività legali), cosa che ha allungato i tempi dei processi. Due degli scarcerati, Nicola Accardo e Vincenzo La Cascia si trovavano al 41 bis.
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