E’ morto don Maurizio Francoforte, per sedici anni parroco di Brancaccio, concreta e appassionata guida della comunità di San Gaetano, continuatore dell’opera del prete martire Pino Puglisi ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993. E’ deceduto, dopo una lunga malattia, nella notte della vigilia di Natale. E’ nato a Palermo il 7 marzo del 1962 e ordinato presbitero il 25 maggio del 2002. Lascia la testimonianza, è stato detto, di una “vocazione esemplare”, “pane spezzato” a servizio della Chiesa di Palermo e del quartiere in cui operava sulle orme del Beato ‘3P’.
La salma è stata sistemata nella sua chiesa, divenuta casa di tanti in questi anni, e presto meta, sin da ieri, di un pellegrinaggio commosso, con adolescenti, giovani e adulti che da ogni parte del quartiere e anche dall’esterno, sono venuti a rendergli omaggio in un clima di famiglia e accoglienza. E’ giunto anche l’arcivescovo Corrado Lorefice che, davanti all’amico sacerdote, si è sciolto in un pianto a dirotto. Queste le parole di Lorefice: “Il nostro cuore si è infranto, ma è sereno perché questo è il Natale di don Maurizio Francoforte, il parroco di Brancaccio che ha avuto – e continuerà ad avere – nel cuore il bisogno di rendere concreto il messaggio del Martire e Beato Pino Puglisi: se apriamo il cuore a Dio, possiamo contribuire alla realizzazione di una città umana riscattata dal male e dalla mafia”.
In occasione della visita, lo scorso settembre, della Commissione parlamentare sulle periferie, don Francoforte aveva manifestato sentimenti di insofferenza. “Siamo stufi delle parole”, aveva detto nel suo modo diretto e privo di fronzoli, allungando lo sguardo sulle strade che conosceva a memoria.
Don Maurizio allora puntava il dito contro i tour-passerella: “Siamo abituati ai tanti che vengono qui soprattutto durante l’anniversario dell’omicidio di padre Pino Puglisi; in sedici anni in cui sono parroco ho sentito tanti impegni verbali, quasi mai, però, abbiamo visto quei fatti necessari per far crescere Brancaccio e i suoi abitanti, come voleva don Pino”.
La sua ultima battaglia – proseguita ora da volontari e operatori parrocchiali – è stata quella di rendere praticabile e a portata di bambino la vasta area confiscata alla mafia, in via Fichidindia dove sarebbe dovuta sorgere la nuova parrocchia, pensata come una grande agorà, con spazi di incontro, di gioco, laboratori di mestieri. Di quel sogno, progettato da padre Puglisi, c’è solo una ‘prima pietra’ collocata ormai parecchi – troppi – anni fa e una piccola zona giochi per i bimbi che adesso si vuole più grande e accogliente. Così don Maurizio non si era arreso e aveva già iniziato l’iter per un grande murale – da realizzare con una raccolta fondi e insieme alla Fondazione Missio, organismo della Cei – che racconti i protagonisti della liberazione del quartiere e della città, dal prete beato al missionario laico Biagio Conte, fino alle vittime innocenti di mafia, ai santi della città e ai bambini del rione, che avanzano inesorabili come nel quadro di Pellizza da Volpedo “Il Quarto Stato”, o come nell’Esodo, racconto biblico della liberazione di un popolo dalla schiavitù. Un murale voluto come primo passo di quel sogno più grande.
E’ possibile salutare don Maurizio anche oggi fino alle 21. Alle 18 preghiera comunitaria. Le esequie di don Maurizio saranno celebrate domani alle 10.30 presso la chiesa della Missione speranza e carità di via Decollati, dove si trovano le spoglie di Biagio Conte, fondatore della cittadella dei poveri, morto il 12 gennaio 2023, a 59 anni, anche lui per un tumore, e a cui il parroco era molto legato.
“Brancaccio” è anche il titolo di un recentissimo libro scritto per Zolfo dal fotografo palermitano Francesco Faraci, avvinto dal quartiere, da don Maurizio, dalla sua comunità: “Un imbuto, ecco a cosa somiglia via Brancaccio”, cuore del rione, dove sorge la parrocchia, afferma, “un imbuto al contrario. Prima si stringe, poi, sul finire, si allarga per richiudersi, per isolarsi dal resto del mondo. Sembra non avere scampo questa borgata, che è rimasta imprigionata nel passato”. Parole come frustate del cuore, anche se con tanti qui è impegnato, perché – dice convinto – una via d’uscita si può e si deve costruire insieme, facendo leva sulle energie buone che esistono.
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