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Falso dentista condannato a Palermo: non risultava né laureato, né abilitato

Venti giorni di reclusione commutati in 1500 euro di multa per falso in atto pubblico

Venti giorni di reclusione commutati in 1500 euro di multa per falso in atto pubblico. È la sentenza esecutiva con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Annalisa Tesoriere, ha condannato il 2 febbraio il falso dentista che ha rinunciato all’opposizione al decreto penale di condanna e al beneficio dell’istituto di “messa alla prova” con la possibilità di essere destinato ai lavori socialmente utili.

Il Gup lo ha riconosciuto colpevole di false dichiarazioni per ottenere l’iscrizione all’albo degli odontoiatri dell’ordine dei medici di Palermo. Nella sua domanda di iscrizione aveva dichiarato di essersi laureato a Pisa con il massimo dei voti e di non avere riportato condanne penali, ma dai controlli disposti dall’Omceo non risultava né laureato, né abilitato nell’Ateneo toscano. Da qui la denuncia in Procura del presidente dell’Omceo Toti Amato, quale legale rappresentante della parte offesa, e la costituzione di parte civile con il supporto legale degli avvocati Valentina Castellucci, Corrado Nicolaci e Mauro Torti.

L’Ordine dei medici invita i cittadini a segnalare sempre casi sospetti di abusivismo professionale. Come hanno rimarcato il presidente Amato, consigliere della Fnomceo, e il presidente della Commissione albo odontoiatri (Cao) di Palermo Mario Marrone: “si tratta di un fenomeno di illegalità inqualificabile che va crescendo e che può diventare un vero allarme sociale perché una prestazione medica si riflette direttamente sulla salute della popolazione, oltre che sulla qualità dell’attività dei professionisti seri. L’ordine conferma il suo ruolo attivo sia nell’ambito dei poteri ispettivi, in qualità di organo sussidiario dello Stato, che nell’ambito dei procedimenti giudiziari: costituendosi ogni volta parte civile – hanno concluso Amato e Marrone – rappresenta una forte spinta nel processo per ottenere la condanna, evitando la prescrizione di tanti abusi”.


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