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Falso scoop su Crocetta, 1 anno e 4 mesi ai giornalisti

Crocetta aveva citato L'Espresso e i giornalisti in sede civile ma la prima sezione civile della Corte d'appello di Palermo aveva respinto il ricorso del Gruppo Editoriale, confermando la natura diffamatoria dell’articolo

Il giudice monocratico della quinta sezione del tribunale di Palermo, Salvatore Fausto Flaccovio, ha condannato a un anno e 4 mesi ciascuno, pena sospesa, i giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppi, autori dello scoop pubblicato dall’Espresso nel luglio 2015 – poi rivelatosi falso – sulla telefonata con cui il medico Matteo Tutino avrebbe detto al presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, che Lucia Borsellino, assessore alla Sanità, andava “fatta fuori come il padre”, il giudice Paolo Borsellino.

Dopo avere scritto della presunta intercettazione, di fronte alle concordi smentite di Procura e investigatori sull’inesistenza della telefonata fra Crocetta e il medico personale, i due giornalisti avevano sostenuto che un maggiore del Nas, Antonello Mansueto Cosentino, avrebbe fatto ascoltare la registrazione del colloquio fra i due. Da qui l’accusa di calunnia aggravata, per la quale il pm Claudio Camilleri aveva chiesto la condanna a tre anni. L’ufficiale – costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Massimo Motisi – ha ottenuto il diritto al risarcimento del danno, da liquidare in sede civile, ma intanto riceverà una provvisionale immediatamente esecutiva di 10 mila euro, oltre al pagamento delle spese processuali. Il giudice Flaccovio ha dichiarato prescritto il reato di diffusione di notizie false e tendenziose e di procurato allarme, contestato dalla Procura, all’epoca diretta da Francesco Lo Voi, il primo a smentire l’esistenza dell’intercettazione, dopo che le dimissioni di Crocetta erano state in qualche modo sollecitate da più parti e che comunicati durissimi erano stati emessi dal Quirinale, dal presidente del Senato dell’epoca, Piero Grasso, e dalla presidenza del Consiglio.

Crocetta aveva citato L’Espresso e i giornalisti in sede civile. In settembre la prima sezione civile della Corte d’appello di Palermo aveva respinto il ricorso del Gruppo Editoriale l’Espresso spa (oggi Gedi), dall’ex direttore responsabile Luigi Vicinanza e dai giornalisti Messina e Zoppi, confermando la natura diffamatoria dell’articolo pubblicato sul settimanale il 16 luglio 2015, dal titolo: “Il medico a Crocetta: “La Borsellino va fatta fuori come il padre””. A favore dell’ex governatore siciliano, assistito dagli avvocati Michele Romano e Vincenzo Lo Re, era stato disposto un risarcimento di 50 mila euro.


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