La prima sezione della Corte d’appello di Palermo ha assolto uno dei due giornalisti accusati di calunnia nei confronti di un ufficiale dei carabinieri e applicato la prescrizione all’altro: Maurizio Zoppi esce così scagionato con la formula perché il fatto non sussiste, mentre per Piero Messina i giudici hanno stabilito il non doversi procedere per il lungo tempo trascorso dall’epoca dei fatti, poco meno di nove anni. I due imputati, ex collaboratori dell’Espresso, erano stati condannati dal giudice monocratico, il 3 novembre 2022, a un anno e 4 mesi ciascuno, con la pena sospesa, per avere pubblicato uno scoop – poi rivelatosi falso – a luglio 2015. L’articolo parlava di una telefonata con cui il medico Matteo Tutino avrebbe detto al presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta (rimasto in silenzio, secondo il pezzo uscito sull’Espresso), che Lucia Borsellino, assessore alla Sanità della giunta da lui guidata, andava “fatta fuori come il padre”, il giudice Paolo Borsellino.
Fu uno scoop che fece tremare il governo siciliano: durissimi interventi dal Quirinale e dalla presidenza del Senato e del Consiglio portarono Crocetta, governatore di centrosinistra, sull’orlo delle dimissioni. Poi la cosa rientrò perché lo scoop fu smentito dall’allora procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, oggi alla guida dell’ufficio inquirente di Roma, e i due giornalisti finirono sotto inchiesta per calunnia nei confronti della presunta fonte della notizia, l’allora maggiore del Nas Antonello Mansueto Cosentino. La notizia e di conseguenza la fonte, che venne indicata dai cronisti, furono invece bollate come inesistenti dai pm palermitani, che indagavano su Tutino e che negarono immediatamente che vi fosse un’intercettazione in cui era stato registrato quel dialogo assai compromettente, oltre che estremamente offensivo per Lucia e Paolo Borsellino. La tesi difensiva, portata avanti soprattutto da Messina, puntò sul coinvolgimento di Cosentino nella fuga di notizie. Dopo avere scritto della presunta intercettazione, infatti, di fronte alle concordi smentite di procura e investigatori del Nas dei carabinieri sull’inesistenza di “quella” telefonata fra Crocetta e il medico personale, Messina aveva sostenuto che Cosentino gli avrebbe fatto ascoltare la registrazione del colloquio fra Tutino e Crocetta. Anche questa notizia rimase priva di alcun riscontro. Da qui l’accusa di calunnia aggravata: nonostante la prescrizione, Messina (e non Zoppi, nei cui confronti sono state revocate le “statuizioni civili”) dovrà pagare le spese legali all’ufficiale, costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Massimo Motisi.
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