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Fratellini uccisi da “vulcanelli”, assolti gli imputati. La famiglia chiede giustizia

I due bimbi sono stati travolti da un’ondata di fango mentre facevano una passeggiata fra i vulcanelli delle Maccalube di Aragona insieme al padre Rosario, il 27 settembre del 2014

“I genitori vagano alla ricerca di giustizia anche se nessuna decisione diversa avrebbe potuto restituirgli i loro figli”.

L’avvocato di parte civile Roberto Guida commenta così ad Agi la sentenza della Corte di appello con cui, ribaltando in gran parte il verdetto di primo grado, è stata decisa l’assoluzione dei tre imputati accusati della morte dei fratellini Carmelo e Laura Mulone di 9 e 7 anni.

I due bimbi sono stati travolti da un’ondata di fango mentre facevano una passeggiata fra i vulcanelli delle Maccalube di Aragona insieme al padre Rosario, il 27 settembre del 2014.

La sentenza di primo grado è stata emessa dal tribunale di Agrigento il 30 gennaio del 2018: sei anni di reclusione, per l’accusa di omicidio colposo, erano stati inflitti al direttore della riserva, l’architetto Domenico Fontana, e 5 anni e 3 mesi all’operatore del sito Daniele Gucciardo, entrambi esponenti di Legambiente, associazione che gestisce la riserva sulla base di un contratto con la Regione. Assoluzione, invece, “perché il fatto non costituisce reato”, per il funzionario della Regione Francesco Gendusa.

In appello è stata decisa l’assoluzione per tutti i tre imputati.

“I genitori – aggiunge il legale – sono stupiti e addolorati, hanno reagito male alla sentenza essendo presenti in aula alla lettura del dispositivo. Per loro è come se fossero morti di nuovo”.

L’avvocato Guida, che ha assistito i Mulone insieme con il collega Mattia Floccher, aggiunge con un pizzico di polemica: “Sono curioso di leggere la sentenza per apprendere cose nuove di diritto che evidentemente non conoscevo, è una vicenda molto articolata e complessa che davvero non posso comprendere senza leggere le motivazioni. Sentenza per Cassazione? Vedremo – risponde – ma in ogni caso le accuse sono prescritte perché ci sono voluti sei anni per arrivare dal primo grado all’appello”.


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