fbpx

In tendenza

Gestione illegale dei beni confiscati: chiesti 10 anni in appello per l’ex giudice Silvana Saguto

In primo grado l'ex magistrato era stata condannata a 8 anni e mezzo. Condanne più pesanti, rispetto alla sentenza di primo grado, sono state chieste anche per altri imputati

Chiesti 10 anni di reclusione in appello per l’ex presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, ritenuta al centro di un sistema di gestione illegale dei beni confiscati alla mafia. La richiesta è stata avanzata dal pm Claudia Pasciuti nel corso della sua requisitoria nel processo che si celebra in Corte d’Appello a Caltanissetta.

In primo grado l’ex magistrato era stata condannata a 8 anni e mezzo. Condanne più pesanti, rispetto alla sentenza di primo grado, sono state chieste anche per altri imputati: per Gaetano Cappellano Seminara 8 anni e 3 mesi, Carmelo Provenzano 7 anni e 2 mesi, Roberto Nicola Santangelo 6 anni e 4 mesi, Lorenzo Caramma 6 anni e 10 mesi. Per gli altri imputati è stata chiesta la conferma della sentenza di primo grado. Prossima udienza il 10 marzo.

Il rapporto corruttivo che legava Saguto, il marito Lorenzo Caramma e l’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, è stato al centro della requisitoria della pm Claudia Pasciuti. Nessun passo indietro da parte di Silvana Saguto, “nemmeno a fronte del fatto che la stampa la tampinava e che i vertici dell’ufficio le chiedessero chiarimenti, dal tentativo di strumentalizzare la sua funzione per ottenere un vantaggio patrimoniale per il suo nucleo familiare”. Per l’accusa, gli incarichi professionali assegnati da Cappellano Seminara in favore del marito della Saguto, “sono da considerare contrari ai doveri di ufficio, non perché Caramma è il marito di un magistrato ma perché Silvana Saguto era il presidente della sezione Misure di Prevenzione. Procedure complesse ma anche particolarmente remunerative”. E ancora: l’ex giudice e il marito avevano un debito di quasi 10 mila euro con la carta di credito. Erano in difficoltà economiche. “Se avevano il tesoretto della banda bassotti sotto il letto come mai non pagavano la luce, la carta di credito?”, ha aggiuto la pm. L’accusa è tornata sulla vicenda del trolley che secondo la procura conteneva 20 mila euro e che l’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara avrebbe consegnato all’ex presidente della sezione Misure di Prevenzione a sera del 30 giugno, alle 22.35, recandosi presso la sua abitazione. La difesa ha sempre parlato di documenti. L’accusa invece di soldi. La famiglia era in difficolta e la stessa Saguto, parlando con il figlio Elio, gli disse che spendevano 14 mila euro al mese, più di quanto guadagnavano. Per la procura “Saguto era impegnata ad adottare una serie di atti che interessavano Cappellano Seminara. In cambio lui avrebbe garantito supporto economico”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni