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Giornata mondiale del rifugiato, la Porta d’Europa a Lampedusa s’illumina di blu per ricordare i morti nel Mediterraneo

Sono 120 milioni di storie e ogni storia è una vita

120 milioni di persone costrette alla fuga nel mondo (dato Unchr). Un dato in costante aumento. 120 milioni però non sono solo un numero. Sono 120 milioni di storie e ogni storia è una vita.

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, come Comitato 3 ottobre, vogliamo porre l’attenzione su quelle persone, che non rientrano nella conta dei 120 milioni. Quelle persone, che fuggite dai propri Paesi di origine non sono mai arrivati. Uomini, donne e bambini che hanno perso la vita nel Mediterraneo o lungo le tante rotte che portano in Europa.

Sono meritorie le tante iniziative proposte nel corso degli anni, ultima l’istituzione di una giornata di “lutto universale” per le vittime dell’immigrazione. Però, per poter parlare di “lutto” è necessario non solo avere un corpo, ma che quel corpo abbia un nome cioè un’identità. L’identificazione delle vittime equivale a giuste esequie, debite tumulazioni e per chi li amava significa iniziare a elaborare il lutto per la perdita, impossibile se il corpo del morto non lo si è visto né lo si è riconosciuto. E’ fondamentale “dare protezione a chi fugge”, “soccorre chi è in difficoltà”, ma è altrettanto urgente e fondamentale spendersi per identificare chi ha perso la vita nel tentativo di arrivare in Europa.

Come Comitato 3 ottobre, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, chiediamo che le vittime dell’immigrazione vengano identificate e che vengano messe in campo tutte le forze necessarie per recuperare i corpi di quanti risultano dispersi.

L’assenza di dati e di conoscenza sulle identità dei morti è “una delle grandi tragedie taciute legate al fenomeno migratorio”, dichiara Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre.
È soprattutto una tragedia per le famiglie in disperato bisogno di una risoluzione. “Loro vogliono sapere, ‘Sono vivi o morti?’,” dice Brhane. “Non possono piangere e non possono trovare una risoluzione se non sanno cosa è successo.” Va ricordato, che quando capita un disastro naturale o, ad esempio, un attacco terroristico ci sono riferimenti internazionali per i diritti umani e legali a gestire le conseguenze per identificare i morti e recuperare i dispersi, per assicurare che i diritti dei defunti vengano rispettati. Gli obblighi da parte degli Stati sono abbastanza chiari.

Nel caso delle morti durante la migrazione, non c’è un quadro di riferimento simile, e leggi e procedure differiscono da un Paese all’altro. Risulta sempre più urgente, quindi, la necessità di creare una banca dati europea del DNA e di avviare un progetto di collaborazione europeo affinché venga riconosciuto il Diritto all’Identificazione.

Il Comitato 3 ottobre, in collaborazione con il Comune di Lampedusa e Linosa, quest’anno, anno del decennale del naufragio del 3 ottobre 2013, ha aderito alla campagna di Unhcr: “#withrefugees” e nella notte tra il 19 e 20 giugno, ha illuminato la Porta d’Europa di blu. La Porta d’Europa. collocata nel punto più a Sud dell’isola di Lampedusa e quindi nel punto più a Sud d’Europa è un luogo che ha un grande valore simbolico, Una “porta” sempre aperta, che questa notte rifletterà nel mare una luce blu. Una luce blu che vuole diffondere solidarietà nei confronti delle persone rifugiate, con uno sguardo rivolto a chi nel Mediterraneo ha perso la vita.


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