Doveva essere la rivincita delle donne, quelle bistrattate e dimenticate dal governo regionale, e invece il ricorso del Pd contro le nomine degli assessori Scilla e Zambuto è stato respinto.
Ma facciamo un passo indietro. È gennaio 2021 e due assessori della giunta Musumeci si dimettono. Balletti politici a cui siamo, tutto sommato, abituati. Se non fosse che a dimettersi è l’unica donna della Giunta regionale, Bernadette Grasso. Al suo posto viene nominato un uomo.
Dodici su dodici assessori uomini, un capolavoro in tempi così giustamente attenti al bilanciamento tra presenze femminili e maschili.
Il Pd non ci sta e fa ricorso. “Sembra di tornare al Medioevo”, dichiarò a caldo il segretario del Pd Anthony Barbagallo, anche se il Medioevo poco c’entra visto che fu un periodo di illuminante modernità (o almeno così ci insegna il professore Alessandro Barbero).
Nel 2020, sempre su proposta del Pd, l’Ars aveva approvato una legge (la numero 26, ndr) per promuovere, appunto, la parità di rappresentanza. Le famose “quote rosa”: insomma, per eliminare la discriminazione di genere, si obbligava ad avere in Giunta regionale almeno un 30% di presenza femminile.
Un po’ poco ma meglio dello zero proposto dalla Giunta di Nello Musumeci.
Se non fosse che proprio nella legge regionale, a cui si appella il Pd nel ricorso, è presente una frase che per il Cga è inequivocabile: “le disposizioni della presente legge entrano in vigore dalla diciottesima legislatura”.
E la legislatura targata Musumeci è solo la diciassettesima. Il “bilanciamento” tra uomini e donne lo avremo alla prossima legislatura quando, probabilmente, proprio il Partito Democratico ci sorprenderà con la candidatura di una donna a presidente della regione siciliana.
Peccato, certo, per quelle primarie indette a Enna dove a “contendersi” il posto in lista per le regionali sono solo tre uomini. Nessuna indiscrezione sulla donna candidata.
Peccato di nuovo per i candidati sindaci del Pd a Messina e Palermo: due uomini. E così per buona parte (se non tutti) dei comuni al voto a giugno.
Belle le intenzioni, meno l’applicazione. A meno che per quote rosa non si intenda un piccolo ruolo dato alle donne per far sembrare che anche la politica siciliana sia sbarcata nel 2022.
A proposito: che anno dovremo aspettare per smetterla di chiamarle quote rose e iniziare a pensare a una seria riflessione su come favorire la partecipazione attiva in politica delle donne?
Di Miriam Colaleo
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