Le discoteche di Palermo non dovranno avere più un addetto alla sicurezza ogni 35 avventori ma potranno limitarsi ad averne uno ogni 250, come avviene nel resto del Paese. Lo ha deciso il Tar Sicilia, che ha accolto i ricorsi dei gestori di discoteche e locali da ballo, sospendendo l’attuazione delle misure imposte dalla questura di Palermo. A impugnare il provvedimento erano stati i titolari del Mob, del Siddharta Country Club e dell’Arena, tutti aderenti al Silb Confcommercio Palermo, che avevano chiesto l’applicazione di un accordo quadro del 2016, siglato con il ministero dell’Interno. “Una evidente disparità di trattamento, ritenuta priva di giustificata ragione, che ha motivato il ricorso al Tar degli imprenditori del settore dell’intrattenimento”, come si legge in una nota di Confcommercio, che ricorda pure come sei mesi fa il presidente nazionale del Silb Confcommercio, Maurizio Pasca, in una conferenza stampa svolta a Palermo, avesse rilevato che “in queste condizioni gli imprenditori locali avrebbero dovuto sobbarcarsi costi enormi e ingiustificati, per assolvere alle prescrizioni imposte”.
“Una norma iniqua – aggiunge oggi Pasca, nell’esprimere soddisfazione per la decisione del Tar – che avrebbe pesantemente penalizzato le imprese. Silb-Fipe ha sostenuto il ricorso degli imprenditori di Palermo, ai quali ribadisce il proprio sostegno e vicinanza. La sicurezza è e rimane l’elemento di prima attenzione di tutte le imprese associate a Silb, che ne rappresentano un fondamentale presidio”. Aggiunge Vincenzo Grasso, presidente del Silb Confcommercio Palermo: “Viene riconosciuta la legittimità delle nostre ragioni. Questo è un primo passo verso la normalizzazione del nostro settore che negli ultimi anni – tra pandemia e motivi di sicurezza – ha subito gravi contraccolpi”. E la presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio, conclude affermando che “la decisione del Tar non sorprende. Le nostre istanze sono rimaste inascoltate per tanti mesi ed è incredibile che per avere ragione sia stato indispensabile ricorrere al giudice amministrativo”.
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