Edifici vetusti, la maggior parte costruiti tra gli anni 50 e gli anni 70, barriere architettoniche, spazi spesso angusti e poco attrezzati per le attività più innovative o extradidattiche, mancanza di locali mensa, di lavoratori, di palestre: è lo stato dell’edilizia scolastica in Sicilia che emerge da una ricognizione effettuata dalla Cgil e presentata oggi nel corso di una manifestazione regionale a Palermo nell’ambito della campagna “Cambiamo il futuro della Sicilia”.
Al 2022 di 3.533 edifici scolastici solo 760 avevano la certificazione di agibilità completa, il 21,51%, 1.656 il collaudo statico (il 46,87%) e 952, il 26,85% sistemi di prevenzione antincendio. Nel 2020 sono stati censiti 3.669 edifici scolastici in zona sismica, 3.146 dei quali in zona 2 su scala 4, ma gli interventi per aumentarne la sicurezza sono stati minimi, per 1,3% di essi per quanta riguarda l’adeguamento, per lo 0,9% per il miglioramento senza che si raggiungesse tuttavia il livello prescritto.
“Non si è fatto a sufficienza per superare i limiti strutturali delle scuole siciliane, per 20 anni e per 20 finanziarie – ha detto Gabriella Messina, segretaria confederale della Cgil Sicilia, presentando lo studio – questi interventi non sono stati una priorità per lo Stato”. “E oggi – ha sottolineato il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – il governo continua a sottrarre risorse alla Sicilia, come quelle del Fondo sociale di coesione, rendendo più difficile ogni prospettiva di sviluppo, nel cui ambito l’istruzione rappresenta un tassello fondamentale. E’ quindi importante investirci, in strutture, tecnologie, personale, costruendo una scuola al passo con tempi, sostenibile e inclusiva”.
Anche il Pnrr rileva la necessità di intervenire sull’edilizia scolastica per ridurre disuguaglianze e disagio sociale, che in Sicilia si traducono anche in oltre il 20% di dispersione scolastica, “ma si stanno riscontrando difficoltà e criticità anche nella messa a terra di queste risorse”, ha rilevato Messina. Di fatto di nuove scuole in Sicilia con i fondi Pnrr se ne sono state costruite solo 11 e gli interventi di ammodernamento, con la messa a disposizione anche di ambienti digitali per far fare alla scuola un salto di qualità, ce ne sono stati pochi. Nel 2024 ci sono stati interventi di messa in sicurezza con i fondi del Pnrr su 162 edifici (il 4%), ampliamento o manutenzione di mense in 51 scuole (1%), nuove mense in 24 edifici, palestre in 51. Non va meglio con l’impiantistica, in una regione in cui gli edifici scolastici non sono certo proiettati verso la transizione energetica, con il 48% di quelli censiti riscaldati a metano, il 24% a gasolio e appena l’1% a solare termico. Quanto all’inclusività e accessibilità a tutti, la ricognizione della Cgil rivela che a fronte di 33.628 alunni con disabilità (anno scolastico corrente ) nell’anno scolastico ‘22/23 (fonte Istat) il 43,19% delle scuole presentava barriere architettoniche fisiche ( scale, bagni e porte non a norma, ad esempio) il 77,76% sensoriali per ipovedenti e il 64,44% sensoriali per ipoacustici ( il 20,48% delle scuole non è stata rilevata). Insomma solo 36% delle scuole è accessibile ad alunni con disabilità motoria, meno del 2% agli ipovedenti e il 15% agli ipoacustici.
“Passi avanti – ha detto Messina – sono stati fatti, ma occorre investire di più su tutto il sistema dell’istruzione e in questo contesto il Pnrr è una opportunità da non perdere e a cui occorre poi dare seguito con programmazione e investimenti”. Per effetto del dimensionamento scolastico in seguito al calo demografico, “dovuto principalmente in Sicilia all’emigrazione delle famiglie”, in 5 anni nell’Isola si sono perse 103 scuole.
“Questo è inconcepibile – ha sottolineato l’esponente della Cgil – ogni territorio, soprattutto le zone più interne e isolate, deve avere la sua scuola”. La lotta al disagio sociale e all’emarginazione – ha aggiunto il segretario generale Mannino – passa anche da un sistema di istruzione e formazione adeguati, occorrono dunque investimenti per colmare le disuguaglianze sociali che con le attuali politiche di tagli e rapina continua dei fondi destinati al sud da parte del governo rischiano di aumentare”.
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