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“Istigò al suicidio”, condannato in appello

La Corte presieduta da Elisabetta Messina ha deciso anche per il risarcimento del danno nei confronti dei familiari della donna morta

Nella morte indotta di Alessandra Giordano, la donna di Paternò che decise di ricorrere all’eutanasia, ci fu “istigazione al suicidio”. Per questo reato la Corte d’assise d’appello di Catania ha condannato a tre anni e quattro mesi Emilio Coveri, direttore della clinica Dignitas, la stessa struttura sanitaria a Forch, paesino vicino Zurigo in Svizzera, in cui Dj Fabo aveva deciso di mettere la parola fine alla propria vita. Coveri, condannato anche alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, in primo grado era stato assolto dal gup di Catania dopo avere ricorso al rito abbreviato. La Corte presieduta da Elisabetta Messina ha deciso anche per il risarcimento del danno nei confronti dei familiari della donna morta.

Dopo l’assoluzione in primo grado nel processo d’appello, i magistrati Andrea Ursino e Angelo Brugaletta con il coordinamento del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo hanno ripercorso le fasi del dibattimento a carico del presidente di Exit-Italia di Torino nel caso della morte (attraverso il suicidio assistito) dell’insegnante paternese Alessandra Giordano avvenuta il 27 marzo 2019 nella clinica Dignitas.

In secondo grado in particolare i pm e il pg è stato evidenziato il contributo causale idoneo a rafforzare il proposito suicidario della Giordano prima incerto e titubante su una persona, l’insegnante paternese, affetta da patologie non irreversibili benché dolorose, anche perché non ben curate, sfruttando, l’influenzabilità della donna per “inculcare le sue discutibili idee di suicidi assistito come soluzione alle sofferenze fisiche e morali della vita”.

 


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