In silenzio davanti al gip di Palermo. Si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere, durante l’interrogatorio di garanzia svoltosi in videoconferenza, Massimo Gentile, 51 anni, architetto arrestato mercoledì dal Ros con l’accusa di associazione mafiosa: avrebbe fatto parte, secondo le accuse, di una rete di fiancheggiatori che avrebbero contribuito alla latitanza del boss di Castelvetrano, terminata il 16 gennaio 2023 dopo oltre 30 anni. Gentile – che dal 2019 è residente a Limbiate, nella provincia Monza-Brianza, dove era responsabile dei procedimenti Pnrr del Comune – avrebbe ‘ceduto’ la propria identità a Matteo Messina Denaro almeno fino al 2017. Questo emerge – secondo le indagini del Ros e coordinate dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova – ricostruendo, a ritroso, l’enorme mole di documentazione acquisita: prima di essere Andrea Bonafede – l’alias usato dal boss per le cure sanitarie – Messina Denaro era ‘Massimo Gentile’.
Con questa identità avrebbe acquistato una Fiat 500 in una concessionaria di Palermo, pagata con un assegno circolare (e mille euro in contati) rilasciato, sempre a Palermo, da una filiale di una banca. Assieme a Gentile – mercoledi – sono stati arrestati anche Cosimo Leone, tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo indagato di associazione mafiosa, e Leonardo Gulotta, indagato di concorso esterno in associazione mafiosa.
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