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Libici tentano di sequestrare pescherecci italiani: salvati dalla Marina militare

Unità libiche hanno tentato di sequestrare quattro pescherecci italiani a 80 miglia di Tripoli, ma non sono riuscite grazie all'intervento della nave militare italiana "San Marco"

Unità libiche hanno tentato di sequestrare quattro pescherecci italiani (tre di Mazara del Vallo e uno di Pozzallo) a 80 miglia di Tripoli, ma non sono riuscite grazie all’intervento della nave militare italiana “San Marco”. “Mentre il nostro governo discute con le autorità libiche sulle problematiche che attanagliano il Mediterraneo – afferma il presidente del Consiglio comunale, Vito Gangitano – gli stessi libici tentano il sequestro. Questa volta, per fortuna, la nostra Marina militare ha evitato che ciò potesse accadere”.

Il tentativo di sequestro, che all’origine avrebbe la contesa sulle zone di pesca del gambero rosso, è avvenuto venerdì scorso. “Ancora una volta – dicono i segretari generali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil Trapani Giovanni Di Dia, Franco Nuccio e Roberto Giacalone – il tema della sicurezza dei lavoratori del mare Mediterraneo torna prepotentemente nella cronaca, a significare che il problema non è affatto risolto e che, dunque, non si può abbassare l’attenzione. È una situazione – affermano – che purtroppo non ha ancora trovato la giusta definizione e continua ad alimentare uno stato di difficoltà e insicurezza per i pescatori italiani. Bisogna individuare e mettere in atto tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti umani dei pescatori italiani che operano nel canale di Sicilia e per assicurare loro la possibilità di continuare a pescare in quelle acque. Appena una settimana fa la presidente del consiglio Meloni, insieme ai ministri Tajani e Piantedosi, è stata in Libia, viene dunque spontaneo chiedersi se si è parlato di un argomento tanto importante e nel caso a quali conclusioni si sia arrivati”.

Quest’ultima domanda la pone anche la la Flai Cgil: “Turba il fatto – dice Tonino Russo, segretario in Sicilia – che appena una settimana fa la presidente del consiglio Meloni, insieme ai ministri Tajani e Piantedosi, è stata in Libia, senza che evidentemente l’argomento sia stato trattato nel corso della missione nel Paese nordafricano”. “La sicurezza dei pescatori nel mare Mediterraneo continua a essere ancora irrisolto – afferma Russo – al presidente della regione chiediamo di sollecitare al governo nazionale misure adeguate ad evitare il ripetersi di episodi di questo tipo che tolgono la serenità ai lavoratori del mare esponendoli a grossi rischi”. “Non è la prima volta – aggiunge Russo – che sollecitiamo misure volte a garantire sicurezza e rispetto dei diritti dei pescatori che operano nel Canale di Sicilia. Ma finora non abbiamo ricevuto risposte”.

“Tutto è durato circa un’ora, con i libici che intimavano di fermare i motori, per far salire qualcuno di loro armato, e la Marina militare di non farlo. I libici volevano portare le barche a Tripoli”. E’ Matteo Ruta, armatore del motopesca Vincenzo Ruta di Pozzallo, a spiegare all’AGI il nuovo braccio di ferro andato in scena venerdì scorso nel Mediterraneo tra i pescatori siciliani e le milizie di Tripoli. I quattro pescherecci, tre di Mazara del Vallo e uno di Pozzallo, erano “a più di 80 miglia a nord di Tripoli, e sono stati avvicinati da una motovedetta donata dal governo italiano, di quelle donate dal governo Berlusconi. Hanno intimato l’alt alle barche, impegnate nella pesca a strascico a una velocità di tre nodi”.

A quel punto il comandante del ‘Vincenzo Ruta’ “ha chiamato la nave militare italiana in zona, da cui è decollato un elicottero. C’è stata una discussione via radio per circa un’ora, poi i libici se ne sono andati verso sud”. “La cosa più grave – prosegue Ruta – è che se è vero che la Marina militare ci ha dato assistenza, è altrettanto vero che ci ha fatti allontanare per altre 15-20 miglia verso nord. Da 80 miglia a oltre 100 miglia, è una cosa eccessiva. C’è qualcosa che non va se barche fatiscenti non si fanno intimorire da una nave militare, forse altri interessi economici dell’Italia”.


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