Confermate le due condanne e l’assoluzione decise in primo grado sull’omicidio di Emanuele Burgio, assassinato nel 2021 a Palermo. La sentenza è della seconda sezione della corte d’assise d’appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino, a latere Pietro Pellegrino: la prima decisione era stata emessa il 9 giugno 2023 dalla corte d’assise, che aveva assolto Domenico Romano (difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo ed Enzo Giambruno), condannando a 18 anni ciascuno Matteo Romano, difeso dall’avvocato Raffaele Bonsignore, ritenuto l’autore materiale dell’omicidio, e il nipote Giovan Battista Romano (avvocato Castronovo). Il più giovane dei due Romano avrebbe portato la pistola sul luogo del delitto, passandola poi allo zio Matteo, che sparò contro Burgio, col quale c’era stata una lite.
Contro la sentenza di primo grado, da loro ritenuta troppo blanda, avevano fatto ricorso i pm Gaspare Spedale e Giovanni Antoci. In appello l’accusa era stata sostenuta dall’avvocato generale Sergio Barbiera, che aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati all’ergastolo. In primo grado erano cadute le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso e per questo motivo la pena inflitta era stata ridotta di un terzo, in virtù della concessione della riduzione prevista per il rito abbreviato. Inizialmente al procedimento speciale, che dà diritto a sconti, gli imputati non erano stati ammessi, proprio in virtù della contestazione della premeditazione.
Matteo e Giovan Battista Romano, dal canto loro, non avevano proposto appello, accettando le condanne: quando la pena diventerà definitiva godranno dell’ulteriore sconto di un sesto della pena, previsto dalla legge Cartabia, che “premia” gli imputati che non impugnano le sentenze emesse in abbreviato.
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni