Finiscono agli arresti Giuseppe Guttadauro e il figlio Mario Carlo, ritenuti appartenenti alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella, inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli. I carabinieri del Ros li hanno arrestati in seguito a indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano: il più anziano dei due – ex medico all’Ospedale civico di Palermo fratello di Filippo Guttadauro, cognato del superlatitante Matteo Messina Denaro – era stato arrestato l’ultima volta nel maggio del 2002; scarcerato nel 2012, avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa di riferimento anche attraverso il figlio Mario Carlo. Insieme a loro sono indagate altre cinque persone. Giuseppe Guttadauro, fu coinvolto nella vicenda giudiziaria dell”ex presidente della Regione Siciliana Toto Cuffaro, che propri in questi giorni presente nell’Isola il proprio movimento politico.
Era Mario Carlo Guttadauro, per conto del padre, a intervenire per risolvere i contrasti sorti a Palermo per lavori che dovevano essere realizzati presso una importante struttura industriale sita nella zona di Brancaccio. Giuseppe Guttadauro, detto il ‘dottore’, era infastidito, secondo quanto emerso dalle intercettazioni, dai comportamenti delle nuove generazioni di mafiosi, desunte dalla collaborazione di Francesco Colletti, e preoccupato dalle dichiarazioni di Filippo Bisconti.
Il “dottore”, secondo gli investigatori, non solo curava anche gli affari di Cosa nostra con i vertici pro-tempore della famiglia mafiosa di Bagheria, preoccupandosi di regolare il traffico di droga di un bagherese, ma guardava oltre i confini del Paese, pianificando l’arrivo di hashish dall’Albania e di cocaina dal Sud America: un assistente di volo, secondo i sui progetti, avrebbe dovuto trasportare 300 mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda.
Giuseppe Guttadauro era “stimato” anche negli ambienti criminali romani, tanto che gli sarebbe stato chiesto di intervenire – dietro la promessa di un lauto compenso – per la soluzione di un contenzioso dell’ammontare di 16 milioni di euro che una facoltosa donna romana aveva con un istituto bancario. Nel caso di un fallimento del tentativo di mediazione, era pronto il pestaggio dei soggetti che riteneva stessero ostacolando la soluzione della vicenda. Come, d’altronde, avvenne a Palermo, su ordine del figlio, quando due indagati picchiarono a sangue un giovane palermitano, colpevole di aver accusato il giovane Guttadauro.
Le intercettazioni – “…Tu pensi che ancora ti controllano?”. “Ma certo, Adriano, io ho il parente del mio parente il più importante latitante che c’è…il secondo del mondo…il più importante che c’è in Italia”. Droga, pestaggi, perfino una vaga meditazione sulla necessità di “evolversi” per Cosa Nostra, ma soprattutto la rivendicazione, espressa tra la sbruffoneria e la necessità di riaffermare il proprio potere tra le nuove generazioni di mafiosi, di un legame con Matteo Messina Denaro.
Affiora questo, tra l’altro, dalle intercettazioni audio e video delle mosse di Mario Carlo e di Giuseppe Guttadauro, “u dutturi’ di Brancaccio, il mandamento palermitano in cui l’uomo che incarna la vecchia Cosa Nostra ha giocato la sua ultima (in ordine di tempo) partita – tra droga, pestaggi e mediazioni in affari – prima di essere nuovamente arrestato.
In un altro passaggio i Guttadauro, padre e figlio, pianificano ciò che gli investigatori della Dia indicano come un progetto di traffico di cocaina dal Sud America: “…La cosa che potresti accennare a lui…noi abbiamo lo scarico a Rotterdam, il carico ce l’abbiamo tolto lì al cento per cento…gli amici nostri, questi salgono mille chili al mese…lì allo scarico funziona così, ci sono i doganieri che prendono il 25% dello scarico, e gli dici: questo container, a quelli gli devi indicare il container”.
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni