Sessantacinque condanne, 18 assoluzioni e 6 prescrizioni. Questa la sentenza del processo d’appello dell’operazione Nebrodi, la maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia che ha puntato i riflettori sulle truffe all’Agea su cui ruotavano gli interessi dei clan mafiosi tortoriciani.
Il dispositivo è stato letto da Francesco Tripodi presidente della corte d’appello di Messina, nell’aula bunker del carcere di Gazzi al termine di una lunga camera di consiglio iniziata questa mattina intorno alle 9.30 e terminata dopo le 18.30.
I giudici hanno modificato in parte la sentenza del tribunale di Patti confermando le accuse. Tra le 65 condanne, quasi tutte sono con modifiche di pena, 2 sono concordati accolti, una sola conferma. Disposti poi 18 assoluzioni e 6 prescrizioni.
Il processo d’appello si era aperto il 14 febbraio scorso nell’aula bunker del carcere di Gazzi. Il 23 aprile l’accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Giuseppe Lombardo e dai sostituti procuratori della Dda Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco applicati in appello per questo processo, avevano concluso il loro intervento chiedendo 26 conferme di condanna, 62 riforme della sentenza di primo grado, 2 prescrizioni e 5 concordati. Il processo di primo grado si era concluso il 30 settembre 2022.
Il Tribunale di Patti aveva disposto 90 condanne per un totale di oltre 640 anni di carcere, 10 assoluzioni totali e una prescrizione. I giudici avevano disposto anche numerose confische di imprese e somme di denaro.
Al centro del processo Nebrodi, il sistema delle truffe sui fondi europei destinati all’agricoltura, un sistema fortemente combattuto dal protocollo Antoci, che porta il nome dell’ex presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci che nel 2016 è sfuggito ad un attentato mentre viaggiava in auto.
Il protocollo è poi diventato legge dello Stato. La maxi operazione Nebrodi, è il risultato di indagini dei carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza. Il blitz era scattato il 15 gennaio 2020 con 94 arresti (48 in carcere e 46 ai domiciliari) e al sequestro di 151 imprese, conti correnti e rapporti finanziari per, a vario titolo, associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, truffa aggravata.
Le indagini, oltre a scoperchiare il sistema delle truffe per ottenere contributi comunitari concessi dall’ Agea, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, riscostruirono i nuovi assetti del clan dei Batanesi operante nella zona di Tortorici e si concentrarono anche sulla costola del clan dei Bontempo Scavo.
“Abbiamo colpito con un’azione senza precedenti la mafia dei terreni ricca, potente e violenta, ed è per questo che quella notte volevano fermarmi. Volevano bloccare l’idea di una legge nazionale e dunque tutto quello che sta accadendo oggi. Le condanne in appello e la tenuta dell’impianto accusatorio sono la conferma del buon lavoro svolto da magistratura e forze dell’ordine – afferma l’europarlamentare del M5s, Giuseppe Antoci – Mi hanno tolto tutto, libertà, serenità – aggiunge l’ex presidente del Parco dei Nebrodi scampato a un attentato di mafia e autore del Protocollo Antoci contro le infiltrazioni di Cosa nostra – mi hanno costretto ad una vita complicata costringendo la mia famiglia a vivere in una casa blindata e presidiata dall’Esercito. Due cose però non sono riusciti a togliermi: la vita e la dignità e grazie a quest’ultima che proprio con dignità e onore porterò avanti il mio mandato in Parlamento europeo difendendo e migliorando le norme antimafia per le quali valorosi servitori delle Stato hanno perso la vita”.
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