fbpx

In tendenza

Mafia e scommesse online: pene ridotte a 5 imputati a Palermo

Operazione sulle scommesse sportive gestite dalla mafia, in un contesto in cui il dominus sarebbe stato l'imprenditore Benedetto "Ninì" Bacchi, giudicato in ordinario e condannato in appello, a settembre, a 13 anni e 9 mesi contro i 18 anni del primo grado

Pene ridotte, nel processo di rinvio dalla Cassazione, per la parte andata in abbreviato del giudizio Game over. La sentenza è della quarta sezione della Corte d’appello di Palermo, presieduta da Vittorio Anania, che ha ritenuto insussistente l’aggravante dell’autoriciclaggio.

Game over riguarda le scommesse sportive gestite dalla mafia, in un contesto in cui il dominus sarebbe stato l’imprenditore Benedetto “Ninì” Bacchi, giudicato in ordinario e condannato in appello, a settembre, a 13 anni e 9 mesi contro i 18 anni del primo grado. Il troncone definito oggi vedeva imputati il boss di Partinico (Palermo) Francesco Nania, condannato a 9 anni e 2 mesi, con una riduzione rispetto al primo processo di appello, in cui aveva avuto 12 anni e 8 mesi; Antonio Lo Baido ha avuto 9 anni (11 anni e 8 mesi); Gerardo Orvieto Guagliardo 6 anni e 2 mesi (8 anni e un mese); Antonino Pizzo 9 anni, 2 mesi e 20 giorni (12 anni e 4 mesi); Benedetto Sgroi 9 anni, un mese e 10 giorni (12 anni, 7 mesi e 10 giorni).

Nonostante le pene siano state severe nei loro confronti, Nania e Sgroi, assistiti dagli avvocati Michele Giovinco e Paola Polizzi, sono stati rimessi in libertà perché erano rimasti in cella quattro anni, in attesa di una sentenza non ancora definitiva: tra “presofferto” e continuazione dei reati, i giudici li hanno scarcerati. L’operazione della polizia di Palermo era stata portata a termine a febbraio 2018: Bacchi aveva poi subito pure la confisca dei beni, quantificata in 2 milioni e 839 mila euro, un milione in meno rispetto alla sua prima condanna. Secondo la ricostruzione della squadra mobile, Cosa nostra era entrata nel mondo del gioco online, trovando una sorta di tesoro che finiva per finanziare i clan, dopo essere stato ripulito attraverso agenzie di scommesse e slot machine. Un autentico business che vedeva spesso andare a braccetto boss e imprenditori del settore, assieme a faccendieri e commercianti.

Le prime condanne, nonostante gli sconti di pena del rito abbreviato (un terzo in meno) erano state severe, poi una prima lieve riduzione in appello e infine il passaggio in Cassazione, che aveva annullato per i cinque nuovamente giudicati oggi, chiedendo ai giudici di appello di Palermo di tornare a verificare la sussistenza dell’aggravante dell’autoriciclaggio. Nel frattempo erano diventate definitive alcune pene, le meno rilevanti, e anche le assoluzioni decise in secondo grado: Giuseppe Gambino aveva avuto 3 anni e 4 mesi; Salvatore De Simone 2 anni e 8 mesi; Davide Di Benedetto 1 anno. Assolti invece Alessandro Acqua, Marco e Vincenzo Corso, Antonino Mollisi, Marco Cannatella, Giuseppe Lo Bianco, Devis Zangara. Nel processo di rinvio sono stati ribaditi i risarcimenti alle parti civili: il Comune di Partinico, le associazioni Antonino Caponnetto, Solidaria e Sos impresa, il Centro Pio La Torre, Sicindustria, Confesercenti e Confcommercio. Nell’inchiesta Game over erano stati trentuno gli arrestati. Sotto la regia di Bacchi, definito il “re delle scommesse” e originario di Partinico (Palermo), il gruppo criminale aveva operato fra la Sicilia e Malta e aveva come capi anche Lo Baido e Francesco Nania, figlio di Antonino e nipote di Filippo, i ras del comprensorio partinicese.

L’associazione a delinquere, secondo l’accusa, grazie ai suoi appoggi in Cosa nostra, era riuscita a imporre una sorta di monopolio nel settore delle scommesse. Si contavano una quarantina di sale, poi sequestrate, mentre il fatturato mensile era di un milione al mese. Il fulcro era la Phoenix International Ltd, società di diritto maltese. Secondo gli investigatori in passato la società non aveva in Italia alcuna autorizzazione a «bancare scommesse», cioè incassare le puntate e pagare le vincite, ma poteva solo elaborare dati di assistenza alla clientela. In realtà avrebbe fatto l’uno e l’altro, eludendo le disposizioni e aggirando anche le norme fiscali. Il gestore occulto della Phoenix era proprio Bacchi, che per anni avrebbe incassato montagne di denaro esentasse, prima di chiedere e ottenere una sanatoria, arrivando a controllare qualcosa come 700 punti vendita in grado di generare una montagna di soldi.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni