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Mafia. Relazione semestrale della Dia: “senza Messina Denaro evidenti ripercussioni. In Sicilia senza un vertice e con radici a Nord e negli Usa”

A Palermo scalata dei rampolli e tensioni con gli anziani

In Sicilia coesistono organizzazioni criminali eterogeneee non solo di tipo mafioso. Cosa nostra è presente in tutte le province della regione, mentre la Stidda risulta piuttosto localizzata nell’area centro meridionale dell’Isola, con area di influenza in porzioni delle province di Caltanissetta, Ragusa e Agrigento. Nelle province orientali si registra anche la presenza di organizzazioni criminali di tipo mafioso diverse da Cosa nostra. Il quadro è confermato dalla Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, relativa al primo semestre 2023.

Nella Sicilia occidentale, Cosa nostra, strutturata in mandamenti e famiglie e ancora priva di una struttura di vertice, è stata costretta a rimodulare i propri schemi decisionali, aderendo a un processo orientato verso la ricerca di una maggiore interazione tra le varie articolazioni provinciali. La sua struttura verticistica negli ultimi anni sembra essere stata interpretata secondo schemi meno rigidi rispetto al passato con particolare riguardo alla ripartizione delle competenze territoriali delle proprie articolazioni. Nella provincia diAgrigento si continua a registrare una “zona” permeabile anche all’influenza della Stidda, che è riuscita con gli anni ad elevare la propria statura criminale, fino a stabilire con le famiglie di Cosa nostra patti di reciproca convenienza. Trapani, fortemente influenzata nel corso degli anni dalla mafia palermitana, ha visto venir meno la presenza del boss Matteo Messina Denaro, nel tempo figura di riferimento per tutte le questioni di maggiore interesse, per la risoluzione di eventuali controversie e per la nomina dei vertici delle articolazioni mafiose, anche non trapanesi, tratto in arresto il 16 gennaio 2023. Il boss stragista ha rappresentato, nel corso della trentennale latitanza, il capo indiscusso della mafia trapanese ed elemento di spicco nel panorama criminale di Cosa nostra della Sicilia occidentale.

Nelle province della Sicilia orientale, oltre alle articolazioni di cosa nostra, vi sono numerose organizzazioni criminali autonome di tipo mafioso che non sono strutturate all’interno di quest’ultima ma sono altrettanto pericolose e dai contorni più fluidi e flessibili. L’area metropolitana di Catania è l’epicentro più densamente popolato della Sicilia orientale e rappresenta il fulcro economico e infrastrutturale del sud-est della Regione, oltre che il principale polo industriale, logistico e commerciale dell’isola. Da questa prospettiva, l’intera area geografica può essere considerata il centro di gravità dei principali interessi criminali la cui gestione e controllo è saldamente nelle mani delle più importanti sodalizi criminali operanti nella provincia. In tale contesto territoriale, infatti, operano importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra, che al suo modello fanno riferimento sotto l’aspetto strutturale, funzionale e motivazionale nonché altre componenti criminali, per le quali è stata da sempre riconosciuta la mafiosità che, sebbene declinate secondo il modello tipico di cosa nostra, risultano da questa ben distinti.

L’universo criminale catanese, dunque, ha una maggiore fluidità rispetto al canone palermitano e un orientamento affaristico che si declina anche nelle aree di proiezione ultraregionali. Nelle provincie di Siracusa e Ragusa, tangibili sono le influenze di cosa nostra catanese e, in misura minore, della stidda gelese nel solo territorio ibleo. Cosa nostra fa registrare la presenza delle sue articolazioni su tutta l’isola con proiezioni, nel corso degli anni in regioni del centro e nord Italia e con propaggini radicate in nazioni estere anche oltreoceano. Le storiche emigrazioni siciliane verso l’Europa (più consistenti verso Germania e Belgio) e i continenti americani (U.S.A., Canada, e in minor misura, Venezuela e Brasile) hanno, nel corso degli anni, portato alla costituzione di aggregati strutturati aventi caratteristiche analoghe a quelle mafiose d’origine, con le quali mantengono stretti rapporti di collaborazione e reciproco sostegno. Indicativi al riguardo gli stretti collegamenti tra esponenti legati alla famiglia mafiosa dei Gambino di New York – Cosa nostra americana – con mafiosi siciliani. L’interesse per la Spagna, negli ultimi anni, sarebbe cresciuto proporzionalmente al rinnovato interesse di cosa nostra per il traffico di cocaina.

È stato infatti accertato che associazioni mafiose catanesi e trapanesi gestiscono il traffico di sostanze stupefacenti: le prime il traffico di cocaina proveniente dalla Colombia e le seconde il mercato illegale che si sviluppa sulla tratta Marocco – Spagna – Italia. Soggetti della criminalità organizzata siciliana ed in particolare alcuni elementi contigui ai sodalizi agrigentini risultano presenti nel Belgio, ove sarebbero dediti ad attività illecite legate in particolare al traffico di stupefacenti. Imprenditori di riferimento delle famiglie mafiose Mazzei e Pillera di Catania sarebbero presenti in Romania. Relativamente agli interessi illeciti con Malta, perlopiù attinenti alla droga, l’8 febbraio 2023 l’autorità giudiziaria di Catania, traendo spunto dalle indagini effettuate nell’ambito dell’operazione “La Vallette”, che ha riguardato una ramificata consorteria di criminali italiani e stranieri, operante in Sicilia, Calabria e Malta, dedita al traffico di stupefacenti, ha ricostruito l’operatività sul territorio della provincia di Catania di un’organizzazione criminale, che avrebbe gestito un rilevante traffico di stupefacenti del tipo cocaina, marijuana e hashish.

Particolare attenzione meritala presenza nel territorio siciliano, e in particolare a Catania e Palermo, di gruppi criminali stranieri prevalentemente dediti allo sfruttamento della prostituzione, del lavoro nero e del caporalato, nonché al commercio di prodotti contraffatti e allo spaccio di stupefacenti. Sodalizi più strutturati risultano quelli di matrice nigeriana, basati sul cultismo e identificati da varie sigle.

Sul piano del contrasto ai patrimoni illeciti, nell’ambito della normativa di prevenzione antimafia, attraverso sequestri e confische, anche nel semestre in questione la DIA ha raggiunto risultati ragguardevoli arginando concretamente il potere economico di cosa nostra e delle altre organizzazioni mafiose siciliane. I sequestri e le confische sono stati rispettivamente di valore di poco superiore ai 2 milioni di euro e ai 99 milioni di euro. Anche sul piano del contrasto alle infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti la DIA ha contribuito fattivamente con le altre forze dell’ordine a supporto delle Autorità prefettizie delle province siciliane, nell’adozione di numerose interdittive antimafia.

Si evidenzia, inoltre che il 27 marzo 2023 è stato sottoscritto dal Prefetto di Palermo, unitamente ai Prefetti delle Province di Agrigento, Trapani e Caltanissetta, un ulteriore6 Protocollo di Legalità, con il Commissario Straordinario del Governo delle Zes della Sicilia occidentale, finalizzato all’estensione delle cautele antimafia – nella forma più rigorosa delle “informazioni” del Prefetto – all’intera filiera degli esecutori e dei fornitori, ed agli appalti di lavori pubblici sottosoglia, nonché attraverso il monitoraggio costante dei cantieri e delle imprese coinvolti dagli interventi infrastrutturali nelle zone economiche speciali previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Infine, in merito all’infiltrazione mafiosa negli enti pubblici locali, nel territorio siciliano risultano sciolti nel semestre 3 consigli comunali.

Cosa nostra palermitana, che ha rappresentato la principale radice storica del fenomeno mafioso siciliano, ha tentato di opporre alla polverizzazione della struttura di vertice, la ‘commissione provinciale’, ripetuti tentativi di ricostruzione e di rilancio “dell’architettura organizzativa cercando di individuare figure capaci di condensare autorevolezza e leadership riconosciute da tutte le famiglie dei mandamenti”. Tuttavia, le costanti attività di contrasto eseguite a Palermo e provincia evidenziano la difficoltà di cosa nostra nel ricostituire unorganismo di vertice. Si legge nella Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, relativa al primo semestre 2023.
Tale situazione “favorirebbe l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di giovani esponenti che vantano un’origine familiare mafosa a cui si affiancano e a volte si contrappongono gli anziani mafiosi, che, tornati in libertà, pretendono di riacquisire il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione”.

L’assenza di una struttura di comando al vertice comporta perlopiù accordi intermandamentali, basati sulla condivisione delle linee d’indirizzo e sulla ripartizione delle sfere d’infuenza tra gli esponenti dei vari mandamenti. Permane la ripartizione della matrice criminale in 15 mandamenti (8 in città e 7 in provincia) e 82 famiglie (33 in città e 49 in provincia), articolazioni tutte gerarchicamente strutturate al loro interno.
Le costanti e incessanti azioni di contrasto hanno da ultimo portato all’arresto di Matteo Messina Denaro, indiscusso capo della mafa trapanese che condizionava con il suo carisma e con la sua autorevolezza anche questioni afferenti a cosa nostra palermitana ed agrigentina: il 16 gennaio 2023 i carabinieri del Ros hanno catturato, dopo una latitanza trentennale, il boss stragista, insieme al suo autista, che da Campobello diMazaralo aveva accompagnato alla clinica oncologica La Maddalena di Palermo. Il 25 settembre 2023, il boss malato di cancro, è morto a L’Aquila nel carcere di massima sicurezza in cui era stato trasferito dopo l’arresto.


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