Ricordato oggi a Palermo, in via Francesco Paolo Di Blasi, il capo della Squadra mobile Boris Giuliano, ucciso dalla mafia il 21 luglio 1979, 43 anni fa.
Insieme alle più alte cariche civili e militari della città, erano presenti anche i familiari. Il vicequestore era particolarmente impegnato nelle inchieste sul traffico internazionale di droga. Pochi giorni prima dell’omicidio, aveva scoperto il covo di Leoluca Bagarella, in via Pecori Giraldi. Esecutore del delitto fu lo stesso Bagarella.
Per l’amministrazione comunale, la vice sindaco Carolina Varchi: “Boris Giuliano – ha detto – fu un investigatore acuto che con i suoi metodi innovativi seppe imprimere svolte importanti a indagini che hanno consentito di assestare un duro colpo alla criminalità organizzata. Per noi è un dovere ricordarlo. Il Comune di Palermo si batterà per affermare la legalità in ogni segmento della pubblica amministrazione”.
Nel giorno del 43esimo anniversario dell’uccisione del vice questore Boris Giuliano oggi a mezzogiorno, nella questura di Palermo, alla presenza del capo della polizia Lamberto Giannini, inaugurazione del “Percorso della memoria”. La questura aprirà al pubblico e metterà a disposizione dei visitatori i corridoi sotterranei del complesso di Santa Elisabetta, sede della Squadra mobile. In questi luoghi è stato ricostruito un itinerario della memoria dedicato a dieci caduti per mano mafiosa in servizio presso la Squadra mobile palermitana.
Il percorso comprende la fedele ricostruzione della stanza di Boris Giuliano, gli arredi, nonché copia di alcuni documenti a firma dello stesso investigatore e un sistema integrato touch screen che rimanda a testi e immagini in ricordo dei caduti correlati da contributi audio. Presenti dei Qr code che permettono ai visitatori l’accesso a contributi testuali e video attraverso l’utilizzo di dispositivi elettronici. Dopo l’inaugurazione, il percorso verrà aperto alla cittadinanza e con l’inizio del prossimo anno scolastico, alle scolaresche per progetti didattici improntati alla legalità. I contributi audio-visivi verranno inseriti sul sito della questura di Palermo.
“La morte di Boris Giuliano non è stata vana. A quarantatre anni dall’agguato per mano mafiosa occorre ricordare l’eredità lasciata dal capo della Squadra mobile di Palermo, il quale, con grande fiuto investigativo, ha introdotto importanti innovazioni nei metodi di indagine sul contrasto alla criminalità organizzata. Per questo oggi ricordiamo un grande esempio di servitore dello Stato, tra i primi investigatori a portare avanti una dura lotta a Cosa nostra”. Lo afferma il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla.
“Ventuno luglio 1979, colpito alle spalle da 7 colpi di pistola sparati dal mafioso Bagarella. Così morì Boris Giuliano, capo della Squadra mobile di Palermo, tra i primi a indagare sui legami tra mafia siciliana e americana e ad intuire l’importanza di aggredire i patrimoni”. Con queste parole – e l’hashtag #inostricaduti – su Twitter la Polizia di Stato ricorda il vice questore Boris Giuliano, ucciso dalla mafia a Palermo 43 anni fa.
“È fondamentale rendere onore a queste persone e far conoscere agli altri le storie di servitori dello Stato che hanno fatto il massimo fino all’estremo sacrificio. I nostri caduti con il loro esempio vanno ricordati perché continuano anche oggi il loro servizio verso le nuove generazioni che grazie ai loro insegnamenti comprendono che cosa è stata e cosa è la lotta alla mafia”. Così il capo della polizia, Lamberto Giannini, in occasione del 43esimo anniversario dell’uccisione del vice questore Boris Giuliano, a margine della inaugurazione di un percorso della memoria, dedicato ai 10 caduti per mano mafiosa in servizio presso la squadra mobile di Palermo, allestita nei sotterranei del complesso di Santa Elisabetta, sede della sua principale articolazione operativa ed investigativa. Una battaglia che in questi anni non sembra, tuttavia, aver indebolito Cosa nostra subito pronta a riorganizzarsi come dimostrano le ultime operazioni dalle quali è emersa anche una minore collaborazione dei parte dei commercianti vessati dal racket del pizzo. “Ci sono certamente stati dei segnali positivi però tanto ancora c’è da fare – ha proseguito – sono convinto però che ogni operazione porti una maggiore consapevolezza e una maggiore fiducia nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine che si dedicano con grandi investimenti e tecnologie nella lotta alla criminalità. Ma al centro di quella lotta c’è sempre l’uomo come ci ha dimostrato Boris Giuliano, c’è sempre l’investigatore che poi deve dare una chiave di lettura”.
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