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Malato di Aids contagiò la compagna che poi morì: confermata la condanna a 22 anni

La donna, un’avvocatessa di 45 anni, morì dopo lunghe sofferenze, scoprendo la verità sulla sua malattia soltanto quando era troppo tardi

La Corte d’Assise d’Appello di Messina ha confermato la condanna a 22 anni per un messinese di 58 anni accusato di aver nascosto di essere sieropositivo alla compagna morta di Aids nel luglio del 2017. La donna, un’avvocatessa di 45 anni, morì dopo lunghe sofferenze, scoprendo la verità sulla sua malattia soltanto quando era troppo tardi. Accolta la richiesta dell’accusa che aveva chiesto la conferma della sentenza. In primo grado l’uomo era stato condannato al termine del processo bis.

La prima condanna della Corte d’Assise di Messina era stata annullata essendo stato accolto quanto rilevato dall’avvocato Carlo Autru Ryolo, difensore dell’uomo. Aveva fatto notare che due giurati che componevano la Corte d’assise avevano compiuto 65 anni durante il processo superando così il limite di età previsto dalla legge per far parte del collegio. Successivamente la questione è stata superata a seguito di un pronunciamento della Corte di Cassazione relativo ad un altro procedimento. Il processo era ricominciato per concludersi con la condanna a 22 anni. In appello la condanna è stata confermata. “Gioire per la condanna di un essere umano non è nelle nostre corde– è il commento degli avvocati Bonni Candido e Elena Montalbano che hanno assistito i familiari della donna. “L’esito di questo processo- affermano – per quanto ci riguarda, era più che scontato e da diverso tempo. Registriamo una decisione che rende giustizia alla memoria di una collega consumata da un virus trasmessole dal suo ex compagno che non ha mostrato mai, neppure dopo la sua morte, alcuna resipiscenza. A prescindere dalla sentenza, restano comunque sul campo il figlio, la sorella ed i genitori il cui straziante dolore non potrà essere lenito neanche da questa ennesima condanna. Sappiamo bene che all’imputato è – giustamente – garantito un terzo grado di giudizio che siamo già pronti ad affrontare senza alcun timore che l’odierno esito possa essere sovvertito”.


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