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Migranti, botte e tentati suicidi: sciopero della fame al Cpr di Trapani

Chiedono "libertà e dignità", afferma la Rete siciliana contro il confinamento

Botte, feriti, tentativi di suicidio e richieste di aiuto: sarebbe il quadro drammatico all’interno del Cpr di Trapani. Circa 150 le persone che si trovano nella struttura. Molte di loro stanno attuando uno sciopero della fame, “contro la detenzione e contro le condizioni disumane in cui sono costrette nella vita quotidiana”. Chiedono “libertà e dignità”, afferma la Rete siciliana contro il confinamento. “A fronte di una sistematica privazione dei telefoni cellulari, della distruzione delle telecamere dei dispositivi talvolta concessi, e della soppressione violenta dei tentativi di queste persone di documentare la vita in questi luoghi, alcune di loro sono riuscite a farci arrivare le loro voci, i loro pensieri, le loro grida di aiuto”, continua l’associazione.

“Vogliono prenderci il telefono per non farci raccontare cosa succede. Siamo in sciopero della fame. Non ce la facciamo più a stare qui. Abbiamo cominciato il 24 marzo”, spiega uno dei migranti, la cui voce è stata raccolta dalla Rete siciliana contro il confinamento. “Un tunisino e un egiziano una settimana hanno provato a impiccarsi, perché sono da tanti anni in Italia, e piuttosto che il rimpatrio è meglio la corda”, racconta un altro. “Ora sono qui fuori con caschi e manganelli per picchiarci. Tra poco ci toglieranno anche questo telefono che usiamo in 40. Hanno rotto il video del telefono, prima di darcelo. Ora vogliono togliercelo. Perchè? Ecco stanno entrando con i bastoni per menarci. Perché tutto questo? Basta, aiuto”. “Ci hanno riempito di botte. Ci sono 9 feriti. Qui ci sono tanti ragazzi di 19, 20 anni. Siamo trattati peggio degli animali. Abbiamo letti di cemento e lenzuola di carta. Ci danno un rotolo di carta igienica per 15 giorni. Fate vedere dove viviamo e come viviamo”. “Voglio vivere per essere amato, non per morire qui”, è lo sfogo di un altro migrante.

“Riceviamo foto e video che documentano gli spazi disumani in cui le persone sono confinate, la violenza intenzionalmente inflitta per reprimere i tentativi di raccontarli all’esterno, le ferite, i tentativi di suicidio, quali ultima possibilità di uscirne”, aggiunge la Rete contro il confinamento, “atti di documentazione coraggiosi, nonostante la consapevolezza della violenza che sarebbe seguita per reprimerli. Chiediamo la chiusura immediata di questi luoghi indegni e la liberazione di tutte le persone trattenute”.


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