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“Morto per un’infezione in ospedale”: prosciolti due medici

L'udienza preliminare, nella quale i familiari si sono costituiti parte civile con l'assistenza dell'avvocato Daniela Ciancimino, si è protratta perché il giudice ha disposto nuovi accertamenti medico legali a conclusione dei quali ha accolto le richieste della difesa (gli avvocati Giusy Katiuscia Amato per D'Anna e Arnaldo Faro per Seminerio) e ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio con differenti motivazioni

Due medici prosciolti dall’accusa di avere provocato la morte di un paziente a causa di un’infezione da batterio contratta in ospedale: secondo il giudice per l’udienza preliminare, Giuseppe Miceli, l’ex primario di Medicina dell’ospedale San Giovanni di Dio, Giuseppe D’Anna, “non ha commesso il fatto”.

L’ex direttore sanitario Antonello Seminerio, invece, ne è uscito indenne grazie alla prescrizione: dopo 9 anni, infatti, il reato è estinto. Il procedimento è quello per la morte dell’ottantunenne Carmelo Cimino che si presentò al pronto soccorso insieme al figlio, il 2 settembre del 2015. L’anziano aveva gravi patologie pregresse, fra cui una cardiopatia e gli esiti di un infarto acuto del miocardio.

Il figlio lo aveva portato in ospedale perché era sorto uno stato confusionale e un disorientamento. Cimino viene trasferito in Medicina, le sue condizioni continuano ad aggravarsi. Il 19 settembre gli viene inserito un sondino naso gastrico per consentirgli di alimentarsi. Nei giorni successivi l’ulteriore peggioramento: la Tac al torace evidenzia un’infezione da germi in corso. Il 22 ottobre la morte. Dopo la denuncia dei familiari partono le indagini che si concentrano subito sull’origine dell’infezione. La vicenda ha già portato a processo Seminerio con l’accusa di omissione di atti di ufficio per la mancata sanificazione – obbligatoria per legge – dei locali ospedalieri e la mancata attivazione del “comitato operativo di prevenzione in materia di infezione”. Per quanto riguarda Seminerio, secondo il gip che dispose l’imputazione coatta, la mancata attivazione del comitato avrebbe provocato la morte e, quindi, si configurò l’omicidio colposo. A D’Anna, invece, si contestava di non avere approntato una terapia adeguata dopo l’insorgere dei sintomi dell’infezione ospedaliera.

L’udienza preliminare, nella quale i familiari si sono costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Daniela Ciancimino, si è protratta perché il giudice ha disposto nuovi accertamenti medico legali a conclusione dei quali ha accolto le richieste della difesa (gli avvocati Giusy Katiuscia Amato per D’Anna e Arnaldo Faro per Seminerio) e ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio con differenti motivazioni.


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