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Nel Pd siciliano scoppia rissa sulle regole. Alla fine è passata la linea nazionale

Una quasi rissa ha segnato l’assemblea del Pd siciliano che ha dato il via libera al regolamento per il congresso di primavera che darà un nome al nuovo segretario regionale

Più di una guerra di nervi. Una quasi rissa ha segnato l’assemblea del Pd siciliano che ha dato il via libera al regolamento per il congresso di primavera che darà un nome al nuovo segretario regionale. Un voto che significa lo stop alle primarie aperte sponsorizzate dai ribelli, quei dissidenti che si sono opposti all’area vicina al leader regionale Anthony Barbagallo, espressione della segretaria nazionale che alla fine prevale: 169 voti a favore del nuovo regolamento (di cui 151 espressi da remoto e solo 18 in presenza), 4 contrari e altrettanti astenuti. Tensione altissima. L’inviato da Roma, il responsabile dell’organizzazione, Igor Taruffi, ha provato a gestire le operazioni e alla fine ha certificato il voto. Ma è stato bersaglio di urla e contestazioni, cui ha risposto a tono davanti a tutti: “Mai vista una cosa del genere, le offese che mi rivolgete esprimono il modo in cui avvengono qui in Sicilia le cose…”. Parole oltre le intenzioni, ma le cose sono sfuggite di mano sin dall’inizio. Molti si sono avvicinati al tavolo della presidenza inveendo, mentre nella platea volavano insulti e quasi scontri fisici, tra grida “all’imbroglio” e allo “scandalo”. Scene da interno da un Pd.

Spiega Barbagallo: “Ci sono stati diversi momenti di grande tensione, siamo tutti dispiaciuti per questo. Nelle scorse settimane il confronto fatto più sui giornali che in altri luoghi ha scatenato tutta una serie di reazioni a catena. Stasera, con la garanzia del nazionale, abbiamo approvato il regolamento, ci siamo dati delle regole. L’avversario non è dentro il partito ma è fuori dal partito, il Pd da domani è impegnato a costruire l’alternativa contro le destre in Sicilia avendo un regolamento costruito insieme con il nazionale”. E aggiunge: “Il regolamento è chiaro l’ipotesi delle primarie non sussiste. Non è stato uno spettacolo edificante, soprattutto di fronte ai tanti militanti collegati da remoto, però la vita è fatta di ripartente e oggi è una ripartenza”.

No, non c’è pace nel Pd siciliano, come si auspicava alla vigilia, con la sala di un albergo trasformata in ring. A inizio riunione Taruffi aveva provato a calmare gli animi: “Il tempo per presentarsi come candidati segretari verrà, adesso dobbiamo definire il percorso. Chi vuole candidarsi si misurerà a suo tempo con delle proposte politiche e non ci sono – assicura – autonomismi”. Cosi come, a suo giudizio, “non ci sono dissidenti”, scandiva prima che esplodesse la tensione, cercando di convicere i presenti e se stesso che “il Pd e’ uno, sebbene ci siano punti di vista differenti. Dobbiamo passare alla fase successiva, a quella del confronto politico”.

La posta in gioco è alta: “Il Pd in Sicilia – ragionava Taruffi argomentando l’esigenza di una rapida ricomposizione – ha la necessità di recuperare terreno perché il risultato qui inciderà, per dimensione della regione, sul risultato del Pd nazionale. Non possiamo fare a meno del Pd siciliano il quale deve giocare il suo ruolo fino in fondo”. Era toccato poi, scuro in volto, al segretario regionale Barbagallo, e il suo non era stato un intervento conciliante, ma che presentava il conto di settimane difficili e di una tensione di cui è stato bersaglio. Così, partiva da una “considerazione amara”, e cioè che in queste settimane doveva esserci “un sereno dibattito sulle regole procedurali. Si sono convocati gli organismi e le occasioni di confronto sono state garantite, ma non è bastato. Si è assistito ad attacchi che si sono intensificati, tutti diretti all’interno del partito, a mezzo stampa, mentre quegli stessi autori – va giù duro – si sono dimostrati proni con gli avversari politici”. Ma adesso basta, a fronte della “necessità di fare un passo avanti per avviare un confronto politico sul futuro del partito e sulle posizioni da assumere. L’avversario, ricordiamocelo, e’ dall’altra parte. Abbiamo tutti la responsabilità di uscire dalla palude in cui siamo dal 16 dicembre”. L’aria resta quella di una imminente resa dei conti.


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