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“Non fu estorsione”, tutti assolti nel processo sull’azienda agricola Napoli

L'accusa aveva sostenuto che le Napoli avessero subito intimidazioni, minacce e vessazioni da alcuni personaggi vicini alla mafia

Tante denunce e moltissime trasmissioni televisive, ma il processo per le estorsioni alle sorelle Napoli di Mezzojuso (Palermo) si conclude con l’assoluzione dei quattro imputati. La sentenza è del tribunale di Termini Imerese (Palermo), presieduto da Sandro Potestio, che ha in parte scagionato nel merito e in parte dichiarato la prescrizione per i cugini Giuseppe e Simone La Barbera, per Antonino Tantillo, detto Nenè, e per Liborio Tavolacci. Considerate insussistenti le estorsioni alle sorelle Ina, Irene e Anna Napoli, titolari di un’azienda agricola che sorge nella zona compresa tra Mezzojuso e Corleone (Palermo). Le tre erano state più volte ospiti della trasmissione Non è l’Arena, che andava in onda su La7, prima che Massimo Giletti venisse allontanato dall’editore Cairo.

L’accusa aveva sostenuto che le Napoli avessero subito intimidazioni, minacce e vessazioni da alcuni personaggi vicini alla mafia, ma gli avvocati Raffaele Bonsignore, Antonio Di Lorenzo, Filippo Liberto e Salvatore Aiello hanno dimostrato che il caso era più mediatico che giudiziario: l’obiettivo di far cedere alle Napoli le attività economiche e le imprese è stato ritenuto inconsistente, come l’ipotesi attribuita a Simone La Barbera, Antonino Tantillo e Liborio Tavolacci, che rispondevano del tentativo di estorsione. Lo stesso La Barbera, col cugino Giuseppe, è stato scagionato dalla calunnia, tutti dalle accuse di invasione di terreni, uccisioni di animali, danneggiamenti, minacce. Solo la violenza privata consistita nel lancio di sassi contro le proprietà delle Napoli è caduta in prescrizione.


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