fbpx

In tendenza

Non fu né estorsione né tentata estorsione: nulla la condanna all’avvocato che aveva minacciato i clienti

Il gup di Agrigento, Alfonso Malato, aveva inflitto quattro anni all'avvocatessa e un anno e otto mesi alla sorella

Non fu né estorsione né tentata estorsione i giudici della Cassazione mettono un punto fermo nel processo a carico dell’avvocato Francesca Picone e della sorella Concetta, consulente di un patronato, condannate in primo grado cinque anni fa per queste accuse ai danni dei familiari di alcuni clienti disabili dello studio legale. Annullata anche, con rinvio, la sentenza della Corte di appello di Palermo che aveva riqualificato l’accusa in quello, meno grave, di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia”. Questo reato, tuttavia, ampiamente meno grave rispetto all’estorsione, era prescritto pure prima della sentenza di secondo grado. Di conseguenza il processo di appello “bis” si celebrerà solo per gli effetti civili: in sostanza, qualora le due imputate dovessero essere riconosciute colpevoli, al massimo potranno pagare un risarcimento.

Il gup di Agrigento, Alfonso Malato, aveva inflitto quattro anni all’avvocatessa e un anno e otto mesi alla sorella: sentenza che, il primo aprile dell’anno scorso, è stata riformata dalla Corte di appello di Palermo. Secondo l’accusa iniziale, che non ha retto al vaglio dei processi, la principale imputata, che in una circostanza avrebbe avuto il supporto della sorella, avrebbe costretto alcuni clienti che assisteva in alcuni procedimenti previdenziali per ottenere l’indennità di accompagnamento per figli o familiari disabili, a pagare una parcella ulteriore a quella stabilita dal tribunale prospettando, in caso contrario, che sarebbero andati incontro a problemi economici peggiori e che avrebbero perso la stessa indennità. Verdetto modificato in appello dove, in sostanza, la Corte aveva ritenuto che le richieste economiche non fossero indebite ma che le maniere con cui sarebbero state sollecitate sarebbero state illegali. Si tratta, in ogni caso, di un reato meno grave dell’estorsione che, in quanto tale, è stato prescritto.I difensori delle imputate hanno impugnato il verdetto in Cassazione chiedendo un’assoluzione da tutte le accuse. Lo stesso ha fatto la procura generale presso la Corte di appello che sollecitava la condanna per estorsione e tentata estorsione secondo quanto stabilito in primo grado. La Cassazione, adesso, ha accolto in parte solo il ricorso della difesa delle imputate ordinando un nuovo processo per l’accusa di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni che, essendo scattata la prescrizione, potrà – in caso di condanna – portare al massimo al risarcimento del danno in ambito civile.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni