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Obbligo vaccinale Covid: il Cga Sicilia manda gli atti alla Consulta

I giudici, che sono di appello rispetto al Tar Sicilia, hanno infatti sollevato la questione di legittimità costituzionale di alcune norme che hanno introdotto i vaccini obbligatori

Sull’obbligo vaccinale in campo sanitario deve pronunciarsi la Consulta: lo ha deciso il Consiglio di giustizia amministrativa, che in Sicilia è l’equivalente del Consiglio di Stato. I giudici, che sono di appello rispetto al Tar Sicilia, hanno infatti sollevato la questione di legittimità costituzionale di alcune norme che hanno introdotto i vaccini obbligatori. Da valutare la rispondenza alla Carta fondamentale delle regole del decreto legge 44 del 2021, che all’articolo 4 prevede da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, come conseguenza dell’eventuale inadempimento, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie.

Il collegio presieduto da Rosanna De Nictolis rileva fra l’altro il possibile contrasto con gli articoli 3, 32 e 97, che riguardano rispettivamente il principio di eguaglianza formale e sostanziale, la tutela della salute e l’efficienza della pubblica amministrazione. Rilevati possibili contrasti anche con gli articoli 4, 33 e 34 della Costituzione, cosa che induce i giudici amministrativi siciliani a ritenere “non manifestamente infondata” (oltre che “rilevante” per il procedimento promosso da un tirocinante del corso di laurea per le professioni infermieristiche di Palermo) la questione da rimettere alla Consulta.

La condizione finora posta dalla stessa Corte costituzionale per ritenere legittima la somministrazione è che il vaccino non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e pertanto tollerabili”. Il Cga evidenzia che “il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività-negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini anti Covid e delle evidenze scientifiche, la condizione” dettata dai giudici delle leggi. Il tirocinante, iscritto al terzo anno del corso di laurea infermieristica, non era stato ammesso al corso formativo in strutture sanitarie perché non si era vaccinato: si era rivolto al Tar, presentando ricorso contro l’Università di Palermo, ma i giudici di primo grado avevano negato la sospensiva. Dopo un’istruttoria nel corso della quale sono stati sentiti fra gli altri Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, e Giovanni Leonardi, segretario regionale del ministero della Salute, il Cga ha accolto i ricorsi degli avvocati Vincenzo Sparti e Roberto De Petro. Al giudizio hanno partecipato anche un altro ricorrente – un avvocato, che si è difeso da solo – e l’Anief, sindacato di insegnanti e formatori. Oltre al presidente De Nictolis, del collegio giudicante fanno parte la relatrice Maria Stella Boscarino, Marco Buricelli, Giovanni Ardizzone e Nino Caleca. Nel caso specifico lo studente che aveva fatto appello aveva sostenuto “di non potersi sottoporre all’inoculazione del vaccino – si legge nelle 48 pagine del provvedimento – sia per la natura sperimentale dello stesso, sia perché in passato aveva contratto il virus Sars-CoV-2, per cui ritiene di godere di memoria anticorpale e di immunità naturale perenne”. Inoltre l’aspirante infermiere laureato aveva affermato che, “ove si sottoponesse all’inoculazione, rischierebbe di morire per Ade (acronimo di antibody dependent enhancement), fenomeno di grave reazione del sistema immunitario”. E per dimostrarlo aveva presentato una corposa perizia scientifica.

Vaccini sicuri ma non sicurissimi: arriva anche da qua la “non manifesta infondatezza” della questione posta da un tirocinante del corso di laurea in Infermeria dell’Università di Palermo, per il cui caso il Consiglio di giustizia amministrativa ha messo in dubbio la legittimità costituzionale delle norme che impongono le vaccinazioni, rimettendo il caso alla Consulta. “È da dubitarsi – scrive il collegio presieduto da Rosanna De Nictolis – che farmaci a carico dei quali si stiano raccogliendo segnalazioni su effetti collaterali soddisfino il parametro costituzionale” diretto alla tutela della salute. “La raccolta dei dati che emergono dalla consultazione della banca dati europea (EudraVigilance, facilmente accessibile attraverso il sito Aifa) – si legge nell’ordinanza – permette di rilevare che a fine gennaio 2022 risultavano somministrati in ambito Eu-Eea 570 milioni di dosi (ciclo completo e booster)”.

I giudici elencano i sieri Pfizer, “in relazione al quale esultano acquisite 582.074 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 7.023 con esito fatale; quanto al vaccino Vaxzevria (AstraZeneca), a fronte di 69 milioni di dosi si registravano 244.603 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 1447 con esito fatale; quanto al vaccino Spikevax (Moderna), a fronte di 139 milioni di dosi risultavano segnalati 150.807 eventi avversi, dei quali 834 con esito fatale; quanto al Covid-19 Vaccine Janssen, a fronte di 19 milioni di dosi risultavano 40.766 segnalazioni, delle quali 279 con esito fatale”.

Si tratta di effetti collaterali che in gran parte “evidenziano sintomi modesti e transitori; gli eventi avversi più seri comprendono disordini e patologie a carico dei sistemi circolatorio (tra cui trombosi, ischemie, trombocitopenie immuni), linfatico, cardiovascolare (incluse miocarditi), endocrino, del sistema immunitario, dei tessuti connettivo e muscolo-scheletrico, del sistema nervoso, renale, respiratorio; neoplasie. Nel novero di tale elencazione rientrano, evidentemente, anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’invalidità o, nei casi più sfortunati, il decesso”.

Se si indaga su questi farmaci occorre andare con i piedi di piombo, anche se il collegio aggiunge che “le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente segnalati; ma il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio a una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità. Il che non pare lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla popolazione vaccinata, criterio che, oltretutto, implicherebbe delicati profili etici: ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini ‘sacrificabili'”.


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