La ricorrente anagraficamente registrata come donna, nubile e senza figli, nata con caratteri biologici, anatomici e genitali di tipo femminile, “ha vissuto, sin dalla tenera età, la propria identità psico-sessuale come maschile. Ha sempre dimostrato la immedesimazione nel genere percepito e vissuto in discordanza – si legge nel ricorso – con il sesso biologico e che tale situazione di discrepanza, tra il sesso alla nascita e l’identità di genere percepita, è sempre stata fonte di disagio e sofferenze causati dalle discriminazioni e reazioni di rifiuto provenienti sia dal contesto sociale che, soprattutto, da quello familiare”.
Il tribunale ha accolto tutte le richieste formulate dai difensori, osservando che “la connotazione sessuale femminile attribuita alla nascita si sia posta come impedimento ad una completa realizzazione personale della ricorrente”.
Il Tribunale oltre al cambio di sesso maschile in luogo di quello femminile ha attribuito, secondo il desiderio del ricorrente un nuovo nome maschile di origine turca che significa “capo”.
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