I carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche di Messina sono tornati nell’appartamento di via Notarbartolo, a Palermo, in cui il 5 maggio scorso vi fu quello che venne ritenuto un omicidio-suicidio tra coniugi. La dinamica però non convince del tutto e gli investigatori hanno riaperto gli accertamenti per vedere se la ricostruzione emersa finora sia compatibile con le risultanze delle verifiche tecniche e pratiche. Protagonisti della vicenda furono il vigile urbano Laura Lupo e il marito Pietro Delia, commercialista: lei avrebbe sparato quattro colpi a lui, al culmine di una discussione che – nel corso della notte – si sarebbe fatta via via sempre più animata. Poi la donna si sarebbe tolta la vita. I figli avevano contestato queste ipotesi, sostenendo che la madre non avrebbe mai sparato al padre e agitando la possibilità dell’intervento di una terza persona, che potrebbe avere ucciso entrambi, simulando il delitto e il suicidio, e poi fatto perdere le proprie tracce.
Nell’appartamento, che è ancora sotto sequestro, i Ris hanno riesaminato la scena del crimine ed effettuato verifiche di tipo balistico: l’ipotesi che Lupo abbia ucciso il marito, colpendolo mentre lui fuggiva, non sarebbe suffragata dal fatto che i fori sul corpo di Delia sono sul torace e non sulla schiena. Anche la doppia ferita sul corpo dell’agente di polizia municipale porterebbe a dire che la donna si sarebbe sparata prima al collo e, non essendo riuscita a uccidersi, avrebbe premuto di nuovo il grilletto per spararsi alla testa. La pistola era però saldamente in mano alla presunta assassina, nonostante lei fosse caduta a terra. Inoltre i vigili del fuoco, chiamati dalla figlia della coppia, non avrebbero trovato la porta bloccata dall’interno né segni di effrazione. Il palazzo di via Notarbartolo teatro della vicenda è abitato da una nota personalità ed è vigilato 24 ore su 24 per motivi di sicurezza: entrare e uscire senza essere notati o interpellati è, secondo chi indaga, da escludere.
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