Palermo commemora oggi i 40 anni dall’agguato in cui fu ucciso il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa insieme con la moglie Emanuela Setti e l’agente di scorta della Polizia Domenico Russo. Alle 9 la deposizione di un cuscino di fiori al busto dedicato al Generale, all’interno della caserma a lui intitolata, sede del comando legione Carabinieri “Sicilia”; quindi il momento commemorativo nel luogo della strage, in via Isidoro Carini.
Alle 10 la Santa Messa nella Cattedrale di Palermo officiata dall’Arcivescovo Monsignor Corrado Lorefice e, a seguire, la commemorazione con gli interventi dei numerosi presenti.
“La fede del generale Dalla Chiesa ci illumina e ci guida ancora oggi: la fede negli uomini e nelle donne che ‘sanno ciò che fanno’, e la fede in Dio che ci vuole consapevoli e liberi da ogni condizionamento. Liberi da ogni potere che limita e opprime la dignità umana e che impedisce la convivenza giusta, solidale, inclusiva e pacifica delle nostre città; soprattutto una convivenza libera dalle organizzazioni mafiose e terroristiche, dall’illegalità a dalle connivenze subdole e pervasive”. In una cattedrale gremita tra autorità civili e militari e semplici cittadini, l’arcivescovo Corrado Lorefice, officiando la messa, ricorda così il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela e l’agente Domenico Russo: “Una donna e due uomini liberi che hanno scelto di amare”.
Presenti, seduti in prima fila, la ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il figlio del generale, Nando Dalla Chiesa. “Sentiamo l’urgenza di custodire la memoria del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa – ha proseguito Lorefice – di attingere ancora al suo luminoso orizzonte di vita alimentato dalla fede in Dio, nell’Immenso”. Un uomo che “sa ciò che fa, professionista preparato e arguto, credente sulle orme di Cristo – ha sottolineato ancora Lorefice -. Dalla Chiesa ci testimonia ancora l’esempio di una vita pulita, fatta di entusiasmo, di lavoro onesto e pulito, ci indica la forza di resistere, la gioia del donare senza chiedere, l’impegno di mantenere inalterato lo smalto della lealtà verso lo Stato e le sue Istituzioni, la disponibilità alla macerazione della vita quotidiana, all’amore per un dovere che tutto pospone. Non ultimo – ha concluso -, ci provoca ad optare sempre per la difesa dell’inerme”, ha concluso.
Tra i partecipanti alla commemorazione anche Vincenzo Agostino, papà di Nino, il poliziotto ucciso con la moglie il 5 agosto 1989; Giovanni Paparcuri, storico collaboratore di Falcone e Borsellino e ideatore del museo realizzato nel bunkerino del palazzo di giustizia di Palermo.
Tra le altre autorità presenti il presidente del tribunale di Palermo Antonio Balsamo, la procuratrice generale generale di Palermo Lia Sava, il procuratore aggiunto Paolo Guido, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, il vice presidente della a regione Gaetano Armao, il senatore e procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso e il sostituto procuratore della DNA, Francesco del Bene.
“Dalla Chiesa è stato protagonista di una stagione lunga 40 anni di lotta alla mafia e al terrorismo e la sua vita ha incrociato, nel corso delle sue esperienze di lavoro, altri protagonisti come Pio La Torre e Placido Rizzotto. Il ricordo della strage di via Carini, in cui persero la vita in modo così tragico il generale e altre due vittime innocenti, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente della polizia di Stato Domenico Russo, continua ancora a commuoverci“. Lo afferma il segretario generale Cgil Palermo, Mario Ridulfo. “Lo scoramento che assalì i palermitani il 3 settembre del 1982 per la morte di Dalla Chiesa – aggiunge – fu ancora più grande perché l’omicidio avvenne subito dopo l’assassinio di Pio la Torre, ucciso quattro mesi prima. Una stagione segnata da lutti e tragedie, in una città come Palermo precipitata in un tunnel infinito per la perdita, sia tra le forze sociali che tra le istituzioni, dei suoi uomini migliori. La morte di La Torre, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino e tanti altri sono state lievito del riscatto dei palermitani onesti”. E aggiunge Dino Paternostro, responsabile legalità e memoria storica Cgil Palermo: “Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva intuito che senza il consenso e la mobilitazione dei cittadini lo Stato non poteva vincere la lotta contro la mafia. Per questo inaugurò la stagione degli incontri con gli studenti, con i cittadini, con le istituzioni locali. Voleva che i cittadini avessero come diritti ciò che i mafiosi davano come favore. Una lezione importante valida ancora oggi, anzi a maggior ragione, di fronte all’acuirsi dei bisogni della gente per le conseguenze della pandemia e per la guerra in Ucraina. Ricordarlo significa mettere in atto i suoi insegnanti, altrimenti è vuota retorica”.
“Ogni anniversario dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, e con lui la tragica morte anche della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo, oltre a fare riaffiorare una ferita mai rimarginata ci ricorda il debito senza scadenza che abbiamo nei suoi confronti e della sua famiglia“. Afferma Gianni Palazzolo, segretario regionale in Sicilia di Azione con Calenda e responsabile nazionale Legalità del partito terzopolista. “Grazie a un Uomo che con coraggio è andato a combattere la mafia a ‘mani nude’, e lasciato solo – aggiunge il segretario siciliano -, abbiamo cominciato a scoprire il cancro che si infiltrava nei poteri economici e dentro la politica: aspetti emersi che hanno consentito di scoperchiare la cosiddetta ‘zona grigia’ e comprendere quanto il fenomeno mafioso non fosse isolato, ma anzi organizzato e ramificato”. “Il lavoro eroico del prefetto Dalla Chiesa è stato, e rimane, un tesoro inestimabile per coloro che sono venuti dopo e che hanno combattuto la mafia con metodo nuovo e risultati prima impensabili e ci ricorda che non bisogna mai mettere in secondo piano il tema della legalità, specie nella nostra Sicilia”, conclude il segretario regionale di Azione.
“Un pensiero a Carlo Alberto dalla Chiesa, Generale di corpo d’armata e uomo dello Stato caduto nella lotta alla mafia. Un esempio per tutti coloro che credono nella giustizia e nella legalità“. Scrive su Twitter Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia.
“Quarant’anni fa uno dei momenti più drammatici dell’assalto della mafia allo Stato. Commemorare Carlo Alberto DallaChiesa la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo vuol dire rilanciare l’impegno quotidiano a contrastare l’aggressione mafiosa. Oggi, domani sempre“. Scrive su Twitter il segretario del Pd, Enrico Letta.
“Tanti eroi hanno fatto questa Repubblica importante, hanno salvato i principi della democrazia. Tra questi eroi c’è il il generale Dalla Chiesa. Oggi è una giornata importante, di ricordo, soprattutto un segnale per le nuove generazioni”. Lo ha detto a Palermo il comandante generale dell’arma dei Carabinieri Teo Luzi, incontrando i giornalisti a margine delle celebrazioni.
“Nel giorno del quarantesimo anniversario dell’uccisione del generale dei carabinieri e prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, esempio di fedeltà ai valori dello Stato e della legalità. Oggi Palermo si stringe nel commosso ricordo del prefetto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente Domenico Russo, vittime della strage del 3 settembre 1982. Dopo il contrasto alle Brigate rosse, Dalla Chiesa non ha esitato nell’accettare il gravoso incarico a Palermo, una città martoriata e già insanguinata dagli attacchi della mafia allo Stato. Restano ancora oggi il dolore e il rammarico per non aver visto un uomo di grande intelligenza e lungimiranza come Dalla Chiesa accompagnato nel modo giusto e con adeguati strumenti dallo Stato nella lotta a Cosa nostra. Dalla Chiesa ha lasciato comunque un’eredità preziosa che auspico possa sempre ispirare il lavoro quotidiano di ogni uomo dello Stato e in particolare dei carabinieri che ringrazio per i loro quotidiani sforzi contro ogni forma di criminalità”. Lo ha detto il sindaco del capoluogo siciliano, Roberto Lagalla, nel corso della cerimonia ufficiale in via Isidoro Carini, luogo della strage.
“Ho reso omaggio questa mattina al generale Dalla Chiesa in occasione del 40º anniversario del suo omicidio per mano della criminalità mafiosa. Un ricordo commosso del suo sacrificio e di un servitore dello Stato verso il quale i socialisti ed in particolare mio padre Bettino all’epoca Segretario del Partito nutrivano una grande stima per le sue straordinarie doti investigative e per la tempra del grande uomo fedele alle istituzioni democratiche del paese. Mio padre non si diede mai pace per quell’agguato vigliacco in cui trovò la morte anche la moglie Emanuela e l’agente di scorta Domenico Russo. È significativo che Palermo e l’intera nazione manifestino nel ricordo la gratitudine imperitura e la volontà di mantenere alta e costante l’azione di contrasto nei confronti delle devianze criminali che insidiano la convivenza civile e democratica dello Stato Italiano“. Lo dichiara Bobo Craxi.
“In questi 40 anni tant’è cose sono cambiate. Oggi le istituzioni sono molto attente al fenomeno mafioso sia al livello regionale sia nazionale. Quindi, quello che il generale dalla Chiesa ha seminato oggi ne raccogliamo i frutti. Dalla Chiesa introdusse un metodo fondamentale: guardare il fenomeno nella sua globalità e non guardare i singoli fatti criminali. Oggi la lotta continua. È cambiata la modalità mafiosa, meno violenta però altrettanto pericoloso perché si interessa di temi economici, di traffico internazionale di stupefacenti e di infiltrazioni nella pubblica amministrazione. C’è più di una speranza e volontà di combattere il fenomeno con il quadro normativo che ritengo il più attrezzato al mondo con magistrati e forze dell’ordine di prim’ordine”. Ha detto il comandante generale dei carabinieri , Teo Luzi.
“Oggi ricordiamo con riconoscenza il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente della scorta Domenico Russo, uccisi in un vile attentato mafioso quarant’anni fa. Dopo aver combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale per la liberazione dell’Italia, Dalla Chiesa contribuì in modo decisivo alla stabilità e alla sicurezza del Paese. Il suo impegno contro il terrorismo e contro la criminalità organizzata hanno protetto la nostra democrazia e rafforzato le nostre istituzioni. Ai suoi cari esprimo la vicinanza e gratitudine del Governo e mia personale“. Scrive il presidente del Consiglio, Mario Draghi.
“Quaranta anni fa moriva nella strage di via Carini il Generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa: eroe italiano caduto per cercare di liberare l’Italia dalla criminalità organizzata. Grazie di tutto generale, il tuo ricordo continua a vivere in noi”. Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, citando la frase pronunciata nel corso di un’intervista dal generale Dalla Chiesa e postata sui social: “Ha mai provato paura? Sì, quando ho dovuto impiegare i miei collaboratori in azioni nel corso delle quali avrebbero rischiato la vita”.
“Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa è un modello di fedeltà allo Stato e ai suoi valori fondamentali”. Lo ha dichiarato la presidente del Senato Elisabetta Casellati. “È stato partigiano, ha sconfitto il terrorismo e combattuto Cosa Nostra. Le sue intuizioni, la sua onestà e il suo spirito di sacrificio hanno segnato la nostra storia. È grazie ad esempi come il suo che i nostri giovani crescono in un mondo in cui il sentimento dell’antimafia è più forte e radicato. A 40 anni dalla strage mafiosa di Via Carini, in cui persero la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di Polizia Domenico Russo, tutti abbiamo il dovere di ricordarlo e onorarlo”, ha concluso.
“La figura del Generale Dalla Chiesa rappresenta ancora oggi un simbolo importante per il nostro Paese: un modello di rigore, competenza e determinazione nella difesa della democrazia contro i nemici del terrorismo stragista e della criminalità organizzata”. Lo scrive il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, nel messaggio al Prefetto di Palermo. “Un servitore dello Stato che ha pagato con la vita il proprio impegno professionale e la passione civile nella costruzione di un’Italia più sicura, democratica e onesta“, aggiunge Fico. “Della mafia egli aveva compreso natura, dinamiche e vulnerabilità. Sapeva esattamente dove e come fosse necessario indagare. La sua era una strategia lucida e determinata, non sempre supportata dagli strumenti operativi adeguati: la battaglia di un eroe lasciato spesso in solitudine ad affrontare un nemico gigantesco. Questo spiega, in parte, il senso di vivo smarrimento che provocò nella comunità nazionale la notizia del suo assassinio, perché fu chiaro a tutti di come il Paese avesse perso nella lotta contro la mafia un protagonista di enorme statura. Oggi sappiamo che il suo operato non è andato perduto, avendo contribuito in modo incisivo ad indicare una strada di riscatto del Paese sulla quale molti altri, anche grazie al suo esempio, hanno lasciato impronte indelebili. Un percorso puntellato da normative più efficaci, azioni sempre più sofisticate di forze dell’ordine e magistratura, e da una crescente sensibilizzazione civile e culturale che deve continuare. Non dobbiamo infatti abbassare la guardia. Oggi che il nostro Paese è chiamato a dare prova di rigore e di concretezza nell’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, dobbiamo unire gli sforzi per bloccare il passo ai tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione dei fondi europei”, sottolinea ancora Roberto Fico. “Deve esserci da parte di tutti la piena consapevolezza che la presenza pervasiva del fenomeno mafioso pregiudica ogni possibilità di rilancio condannando l’Italia nelle retrovie economiche e culturali del continente europeo. Non è questo il futuro che il Generale Dalla Chiesa sognava per il suo Paese. Onorare il suo nome richiede di portarne avanti il progetto di democrazia, trasparenza civile e giustizia”.
“Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva capito che non si può vincere la mafia se non si costruisce giustizia sociale, culturale ed educativa. Non bastano arresti e processi: occorre garantire i diritti su cui si fonda una democrazia“. A sottolinearlo è don Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele. “A distanza di quarant’anni – ricorda don Ciotti – il suo monito, la sua esortazione, rischiano di suonare come voci che parlano nel deserto e al deserto. I diritti sono ancora più fragili, le disuguaglianze più grandi, la democrazia più pallida e malata. Non si può parlare di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo senza impegnarci di più tutti a realizzare gli ideali per i quali hanno vissuto, per i quali hanno sacrificato la vita”.
“Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ha gettato un seme profondo nella storia delle lotta alle mafie. il suo lascito non è solo investigativo e intellettuale ma è morale e culturale”. A dirlo la ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, parlando con i giornalisti al termine della messa in cattedrale. “Occorre che venga portata avanti la cultura della legalità proprio come sta facendo il professore Nando dalla Chiesa”, ha aggiunto.
“Penso che i magistrati, gli operatori, le forze di polizia se si sentono soli devono manifestare la propria solitudine perché lo Stato è presente in tutti i modi. Se qualcuno di loro percepisce un sentimento come di isolamento io dico a tutti ‘venite al ministero dell’Interno, parlate con le autorità locali, con la magistratura, perché troverete tutta l’attenzione che pensano di non avere”. ha detto ancora Lamorgese, rispondendo ai giornalisti in merito alla possibilità che magistrati o operatori delle forze dell’ordine possano sentirsi soli nella lotta alla criminalità organizzata.
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni