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Pandemie: arenavirus e gli altri, ecco i sorvegliati speciali

Si chiama "arenavirus": è tra i dieci virus "sotto osservazione" dei virologi di tuto il mondo, perché considerati in grado di scatenare nuove pandemie

Si chiama “arenavirus” e fa parte di una famiglia di microrganismi patogeni che prende il nome dalle particelle granulari che lo compongono, trasmesse da roditori selvatici della giungla: è tra i dieci virus “sotto osservazione” dei virologi di tuto il mondo, perchè considerati in grado di scatenare nuove pandemie. Ne hanno parlato nel corso del convegno “Pandemic preparedness: from emergence to translation”, il Simposio scientifico organizzato dalla Fondazione Ri.MED che si è tenuto a Palermo, alcuni dei più importanti vaccinologi e immunologi del pianeta, che si sono riuniti per condividere, a cavallo tra Europa e Stati Uniti, le ricerche più recenti (alcune ancora non pubblicate) sulle famiglie di patogeni virali che potrebbero causare la prossima pandemia e le procedure di sviluppo e rapido trasferimento clinico, vale a dire strumenti diagnostici, vaccini e cure da poter approntare rapidamente in caso di necessità.

Paul Duprex, Direttore del Center for Vaccine Research dell’Università di Pittsburgh, ha studiato accuratamente una delle famiglie virali ritenute più pericolose in termini di propagazione di future pandemie: la famiglia Paramyxoviridae, che comprende patogeni umani già ampiamente noti (come il virus del morbillo, il virus della parotite e i virus della parainfluenza umana), patogeni zoonotici altamente letali (come il virus Nipah) e una serie di agenti recentemente identificati, come il virus Sosuga, che sono ancora poco conosciuti. “L’elevato tasso di trasmissione da uomo a uomo della famiglia paramixovirus (come il virus del morbillo) – spiega – l’alto tasso di mortalità associato ad altri membri della famiglia (come il virus Nipah) e l’esistenza di agenti patogeni scarsamente noti, sollevano forti preoccupazioni sul fatto che i paramixovirus abbiano un significativo potenziale pandemico. Per questo stiamo studiando in profondità il ciclo di vita generale, le relazioni tassonomiche e la patogenesi virale dei paramixovirus che causano infezioni, sia sistemiche che respiratorie. Attualmente stiamo identificando dei potenziali ‘candidati patogeni prototipo’ che potrebbero essere utilizzati come modelli per studiare questa importante famiglia di virus”. “Gli agenti patogeni – ha proseguito – non conoscono confini, perciò il contrasto alle pandemie richiede di pensare in modo globale e di costruire una comunità interconnessa pronta a reagire rapidamente”.

Cristina Cassetti, di origini palermitane, lavora da 30 anni negli Usa, molti dei quali a fianco di Anthony Fauci presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases. “Alla luce della complessità e dei significativi costi della ricerca – ha detto – l’unica strada possibile per la preparazione alle pandemie è di quella di costruire ora, durante il periodo interpandemico, delle solide collaborazioni internazionali. Sono molto soddisfatta dello scambio avvenuto oggi e fiduciosa che questo rappresenti un efficace catalizzatore per accelerare lo sviluppo delle soluzioni preventive e terapeutiche necessarie per contrastare le future pandemie”.

L’obiettivo di questi ricercatori è essere pronti a combattere gli agenti patogeni che potrebbero diventare pandemici, attraverso la condivisione del loro lavoro. “Durante la pandemia da Covid – ha spiegato Alessandro Sette, immunologo che lavora in California presso la Divisione Sviluppo Vaccini dell’Institute for Immunology – abbiamo riscontrato che alcune persone avevano un’immunità pre-esistente contro Sars cov 2: l’ipotesi è stata quindi che le precedenti infezioni da coronavirus comuni, come quelle del raffreddore, fungessero da protezione contro il Sars Cov 2 che genera il Covid 19. Questo perché esistono delle similarità nelle sequenze delle proteine tra il virus dell’influenza e altri virus, come il coronavirus. Questa scoperta ci ha messo nelle condizioni di lavorare sulle similitudini delle famiglie virali per iniziare a preparare fin da ora le armi per combattere future pandemie. Le ‘armi immunitarie’ sono gli anticorpi e quelle dello delle cellule T. Le statistiche hanno dimostrato che le cellule T indotte da vaccino riconoscono il virus e reagiscono ad esso offrendo una risposta più duratura, la capacità di reagire alle varianti e il vantaggio di mitigare gli effetti del virus (infatti la mancanza delle cellule T è associata ad una malattia più severa). Protezione contro la malattia grave non significa protezione contro l’infezione, ma si tratta senz’altro di un importante ‘salvavita’”.


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