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Paolo Borsellino, in via D’Amelio rabbia e silenzio 30 anni dopo

Niente palchi, né retorica, ma musica. "Per noi - spiega Salvatore Borsellino, fratello di Paolo - la memoria non si riduce a un solo giorno all'anno"

“Il suono del silenzio”. Così, per il trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio, il Movimento Agende Rosse ha scelto di chiamare la giornata di oggi per ricordare Paolo Borsellino, Emanuela Loi, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti addetta alle scorte; Agostino Catalano; Vincenzo Li Muli; Walter Eddie Cosina, e Claudio Traina.

Niente palchi, né retorica, ma musica. “Per noi – spiega Salvatore Borsellino, fratello di Paolo – la memoria non si riduce a un solo giorno all’anno, magari sovrapponendo gli anniversari di stragi diverse per lavarsi la coscienza più in fretta. Per la memoria, la verità e la giustizia si lotta 365 giorni all’anno e quest’anno, nel trentennale delle stragi, poiché si scateneranno i megafoni della retorica e si alzeranno anche le voci di chi da tempo ha perso il diritto di parlare, mentre si ripetono da parte del Csm gli stessi errori perpetrati a suo tempo con Giovanni Falcone, abbiamo deciso di celebrare il 19 luglio all’insegna del silenzio”.

Quest’anno, dunque, niente palchi né dibattiti, “la nostra giornata di memoria – spiega Salvatore Borsellino – si intitola ‘Il Suono del Silenzio’ e poiché niente deve poter rompere questo silenzio, se non la musica, c’è in via D’Amelio soltanto una pedana sopra la quale un grande violoncellista, Luca Franzetti, scelto non soltanto per la sua arte ma anche per il suo grande impegno civile, suona nei campi profughi in Palestina, nelle carceri e nelle favelas, suonerà e commenterà le sei suites per violoncello solo di Johann Sebastian Bach, in particolare la numero 2, ispirata alla rabbia e la numero 3, ispirata all’amore, i due sentimenti che hanno convissuto nel mio animo in questi trenta anni e che grazie ai tanti giovani che incontro nelle scuole continuano a fare vivere la mia speranza”.

Oggi dalle 8 alle 14 in via D’Amelio “Coloriamo via D’Amelio: il 19 luglio per i cittadini di domani, dedicato a Rita, Paolo, Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter”. Alle 14 Corteo Agende Rosse, da via Cilea, davanti casa del giudice Borsellino all’Albero della Pace di via D’Amelio.

Alle 16 “Il suono del Silenzio”, rappresentazione a cura del Centro Giovani di Cornaredo (Milano), Alle 16.58 minuto di silenzio Lettura poesia “Giudice Paolo”. Luca Franzetti esegue e commenta le sei suites per violoncello solo di Bach. Alle 20 fiaccolata da piazza Vittorio Veneto a via D’Amelio con intervento musicale: “Chitarre contro la mafia”.

“Oggi si celebrano come eroi le vittime di quelle stragi e intanto se ne distrugge il patrimonio di leggi che ci avevano lasciato per dare alla magistratura e forze dell’ordine le armi necessarie per combattere la criminalità organizzata. A breve arriverà l’abolizione del e dell’ e sarà cambiata la legge sui collaboratori di giustizia. Mentre si proclamano eroi ne tradiscono e distruggono il patrimonio di leggi che ci avevano lasciato”. Così ad AGI , fratello del giudice Paolo ucciso 30 anni fa.

Commentando la recente sentenza del processo di primo grado a carico di tre poliziotti, che il 12 luglio ha stabilito l’assoluzione per uno di loro e la prescrizione per gli altri due, Salvatore Borsellino aggiunge: “Mi è venuto in mente la prima volta che sono stato a Caltanissetta per il processo. Stavo cercando il palazzo di giustizia e non lo trovavo. Chiesi delle informazioni a delle persone che stavano in una bar e mi risposero in dialetto: ‘Il palazzo è là dietro, la giustizia non sappiamo dov’è’. Purtroppo da Caltanissetta non mi aspetto verità e non mi aspetto giustizia”. Una “sentenza beffa” e una giustizia “che delude”, che “tradisce la richieste di giustizia dei parenti delle vittime di mafia e di tutti i cittadini onesti ma da Caltanissetta non mi aspetto altro. Se mi aspetto è dai processi che si svolgono a Reggio Calabria, a Firenze”. Quando si tratta di rappresentanti dello Stato, “in questo Paese non è possibile avere giustizia o che lo Stato processi se stesso. O si viene assolti perché il fatto non costituisce reato, o subentra la prescrizione. Quindi ancora una volta né verità né giustizia”.

La memoria dei caduti diventi nuova spinta a fare luce sugli aspetti tuttora oscuri di quella drammatica stagione”. Trent’anni dopo l’attentato di via D’Amelio, la ministro della Giustizia, Marta Cartabia, richiama la necessità “di consegnare ai familiari delle vittime e all’intero Paese una verità piena su una delle più dolenti ferite della nostra storia. Lo dobbiamo a Paolo Borsellino che, pur consapevole dei gravi rischi che correva soprattutto dopo l’attentato a Giovanni Falcone, continuò con ancora più determinazione a portare avanti il suo altissimo servizio”.

Per la Guardasigilli, “proprio la testimonianza umana e professionale dei due magistrati – divenuti punto di riferimento per le successive generazioni di colleghi e di cittadini – ha reso la lotta alla mafia sempre più quel “movimento culturale e morale” auspicato da Borsellino”. Il ministro Cartabia ricorda infine come “la statura di Paolo Borsellino risieda anche nella sua capacità di cercare sempre l’uomo in qualunque persona: “l’uomo con la sua coscienza, i suoi perché, i suoi errori”, come raccontava la sorella Rita. Un insegnamento – conclude Cartabia – che travalica il tempo”.

Il capo della polizia Lamberto Giannini ha deposto una corona di alloro sulla lapide dell’ufficio scorte della caserma Lungaro di Palermo per commemorare Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta uccisi trent’anni fa nella strage di via D’Amelio. Alla cerimonia presenti il figlio del magistrato, Manfredi Borsellino, anche lui poliziotto, e alcuni parenti delle vittime di mafia tra cui Vincenzo Agostino, il padre del poliziotto Nino. Nutrita la partecipazione dei rappresentati delle forze dell’ordine e delle istituzioni: il direttore centrale anticrimine della polizia, il prefetto Francesco Messina, l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, e il sindaco Roberto Lagalla.

“Giorni come questo devono far ricordare il sacrificio di magistrati e colleghi, un sacrificio che è il percorso di una lotta che è ancora lunga, che sicuramente ha vissuto momenti tragici, ma anche momenti esaltanti con grandi vittorie. La vera sconfitta sarebbe adesso ritenere che il problema sia passato”. Così il capo della polizia Lamberto Giannini. “Le indagini che vengono fatte ogni giorno e i risultati – aggiunge – testimoniano che il problema tuttora esiste anche se con forme diverse e merita la massima attenzione doverosa per i cittadini e per onorare le persone che abbiamo perso anche con il massimo impegno della ricerca della verità”.

“Ritengo che il compito della polizia e delle forze dell’ordine sia sempre quello di lavorare alla ricerca delle verità e di nuove prove, per cui noi continuiamo fin dove si ritiene che sia necessario avere altre risposte. E l’impegno non cesserà”. Ha detto ancora il capo della polizia a Palermo, dopo le polemiche sollevate dalla sentenza di Caltanissetta sul depistaggio della strage di via d’Amelio. “Penso che noi ci dobbiamo concentrare i nostri sforzi nel proseguire il lavoro già avviato – ha proseguito – io mi sono occupato sempre di terrorismo e per esperienza posso affermare che si sono riscritte delle pagine, anche a distanza di tempo, durante il lavoro di tutti i giorni grazie a un elemento nuovo o a una nuova testimonianza e ritengo sia possibile ancora ottenere risultati. Penso sia doveroso rendere onore a questi caduti e farlo ogni giorno, anche con operazioni come quella di oggi, per cercare di chiarire ogni punto di quello accadde”.

“È necessario andare oltre i momenti celebrativi e dare vita ad azioni concrete. Tra i miei prossimi impegni vi sarà anche quello di costituire un organismo indipendente per il contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose nella pubblica amministrazione. Un organismo che supporti l’attuale Piano anticorruzione varato da tutti i Comuni sotto la vigilanza dell’Anac e che ne amplia le capacità operative, svolgendo anche compiti assegnati ai nuclei antiriciclaggio già previsti dalla legge ma ancora non attuati”. Lo ha detto il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla.

“Sulle stragi il nostro dovere è cercare la verità a ogni costo. La prescrizione è sempre una sconfitta”. Lo ha detto la nuova presidente del Centro studi Pio La Torre, Loredana Introini. “Ho incontrato per la prima volta Agnese e Manfredi Borsellino – ha aggiunto – a una iniziativa svolta nel settembre del 1992 e la sensazione che ricordo, come cittadina e palermitana, era di un profondo senso di colpa verso un ragazzo e una famiglia distrutta per una strage annunciata, come troppe volte era già accaduto in Italia e della responsabilità politica delle persone inserite nelle istituzioni di quel periodo”. L’ultima sentenza di Caltanissetta “rende responsabili tutti noi cittadini nel continuare a impegnarci per mantenere alta l’attenzione sulla scoperta della verità anche per le famiglie distrutte dalla strage di Via D’Amelio e che ancora aspettano giustizia”.

“Sono trascorsi trent’anni dalla strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Il loro sacrificio ha lasciato alle giovani generazioni un patrimonio prezioso che testimonia come l’affermazione della legalità sia condizione ineludibile per la costruzione di una società giusta”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nel 30esimo anniversario della strage di via D’Amelio.

“La tenacia e la passione civile di Paolo Borsellino, come del giudice Giovanni Falcone e di tutti gli uomini delle istituzioni che hanno perso la vita nell’adempimento del loro servizio alla comunità – ha proseguito – si sono concretizzate in azioni quotidiane a difesa dei valori fondanti della nostra democrazia. Trent’anni possono costituire un lasso di tempo sufficientemente lungo per lasciare che ricordo e memoria assumano contorni meno nitidi, eppure è proprio sulla scia dell’esempio di questi uomini – ha sottolineato – che deve continuare a consolidarsi la consapevolezza che ciascuno di noi è chiamato a fare la propria parte per un futuro migliore, in cui giustizia, dignità e tensione morale trovino un adeguato riconoscimento”.

“Dal 1992 ad oggi, sulla spinta di un nuovo slancio civile delle coscienze innescato proprio da quelle stragi, la legislazione antimafia ha messo in campo nuovi e più efficaci strumenti – ha sostenuto Lamorgese – nel solco dell’esperienza e delle intuizioni investigative dei giudici Falcone e Borsellino, come la Procura nazionale antimafia e la Direzione nazionale antimafia. Questo modello italiano di prevenzione e contrasto è apprezzato e seguito in tutto il mondo e, ora che stiamo affrontando una stagione di ingenti investimenti pubblici, rappresenta ancor di più uno strumento irrinunciabile per assicurare che i flussi finanziari legati al Pnrr vengano schermati dalle ingerenze e dai condizionamenti criminali. Oggi, il pensiero va, con profonda commozione e gratitudine, a tutte le vittime della violenza della criminalità organizzata e alle loro famiglie, rinnovando l’impegno delle istituzioni nella quotidiana azione a favore del bene comune”.

I bambini reclamano giustizia e hanno bisogno di certezza del senso di legalità che è il fondamento stesso della Repubblica e dell’azione di tutti noi. La scuola deve essere il luogo in cui reclamare verità che va data sino in fondo. Siamo qui anche per questo, per fare memoria e pretendere verità”. Lo ha detto il ministro all’Istruzione, Patrizio Bianchi, stamane in via D’Amelio con i bimbi impegnati nell’iniziativa “Coloriamo via D’Amelio”, promossa dal Centro studi Paolo e Rita Borsellino. Ieri il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, ha vietato la piazza alle passerelle politiche. “Io non sto facendo passerelle – aggiunge Bianchi – sono qui con i ragazzi. Noi lavoriamo insieme tutto l’anno”.

“Nel ricordare oggi Paolo Borsellino, il suo straordinario esempio di uomo e di magistrato, il suo sacrificio, torniamo a chiedere la verità piena sulla sua morte e sulla morte dei suoi agenti di scorta Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Agostino Catalano”. Lo dice Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone e presidente della Fondazione a lui intitolata, nel trentesimo anniversario della strage di via D’Amelio. “Da cittadini abbiamo il dovere di non rassegnarci, di continuare a pretendere che sia fatta luce su uno degli episodi più gravi della storia recente: lo dobbiamo ai nostri caduti e al nostro Paese. Il tempo trascorso non sia un alibi per nessuno”, conclude.

“Trent’anni dalla strage di Via D’Amelio. Ricordiamo sempre il sacrificio di Paolo Borsellino e degli agenti che lo scortavano, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Non smetteremo mai di lottare contro le mafie”. Così su Facebook il ministro della Salute, Roberto Speranza.

“Oggi si commemorano dei servitori dello Stato ma si commemora anche la più grande vergogna del Paese, dovuta alla mancanza di verità sulla strage di via d’Amelio – dichiarano i deputati del gruppo M5S all’ARS Tra incertezze, depistaggi e lungaggini processuali quella di via d’Amelio con le sue vittime è la pagina più buia della nostra storia recente. Servitori dello Stato come Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta sono stati lasciati soli prima della loro morte ma anche dopo. Più che per commemorazioni e rituali passerelle questa giornata serva a riflettere sull’importanza di trasmettere i valori della legalità e del rispetto alle giovani generazioni”


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