Avrebbe fatto fuoco, ferendo gravemente il compaesano che aveva preso di mira un cugino disabile e sarebbe fuggito provando a cancellare ogni prova: i vestiti sporchi di sangue e l’arma usata, una pistola con matricola abrasa, gettata in un campo fra Joppolo e Raffadali.
Quando i carabinieri, all’alba, lo hanno bloccato in auto, insieme al padre che guidava, in un primo momento ha negato i fatti ma poi ha consegnato i vestiti e indicato il terreno dove era stata gettata la calibro 44, a suo dire un tempo di proprietà del nonno. Emergono nuovi retroscena sulla sparatoria di sabato notte fra corso Umberto e via Calvario, a Joppolo.
Il commerciante Francesco Russo, che gestiva un bar panificio di famiglia, nel centro del paese, è indagato di tentato omicidio ma il pubblico ministero Gaspare Bentivegna, in questa fase, non ha chiesto un provvedimento cautelare per questa ipotesi di reato. Il gip Iacopo Mazzullo ha disposto, come chiesto dal magistrato della procura, gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico per le sole accuse di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di arma clandestina e ricettazione.
Da ricostruire la effettiva volontà dell’indagato che, assistito dai legali Santo Lucia e Leonardo Marino, ha raccontato di aver solo voluto dare una lezione al 23enne, che aveva rubato e danneggiato il telefono del parente disabile psichico, e di averlo solo voluto spaventare. La stessa vittima e due testimoni, che si trovavano assieme a Russo e al ferito, hanno raccontato di avere visto l’indagato molto sorpreso quando, al terzo tentativo, è partito il colpo, che ha perforato polmone e midollo spinale rendendo il giovane paralizzato dal bacino in giù.
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