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Patronaggio: “condannati per mafia provano a imporre sindaci, indignato”. Cuffaro: “ho scontato la mia pena, non posso essere detenuto a vita”

“Mi indigna che persone condannate per mafia, per partecipazione esterna, per favoreggiamento aggravato, continuino a far politica" dice il procuratore Patronaggio, ma Cuffaro replica: "dopo 1.768 giorni in cella sono libero di impegnarmi nelle cose in cui credo"

“Mi indigna che persone condannate per mafia, per partecipazione esterna, per favoreggiamento aggravato, continuino a far politica e pretendano a esempio di stabilire chi deve fare il sindaco a Palermo. Mi indigna moltissimo perché vuole dire che le nostre sentenze non valgono niente”. Lo ha detto il procuratore Luigi Patronaggio, ieri sera alla Feltrinelli di Palermo durante la presentazione del libro di Salvo Palazzolo, “I fratelli Graviano”.

A stretto giro, però, la replica di Totò Cuffaro: “rispetto quanto detto dal dottore Patronaggio, così come ho rispettato il suo ruolo e il suo operato da procuratore generale nel mio processo d’appello conclusosi con sentenza di Ne bis in idem, e apprezzo oggi il suo impegno di procuratore di Agrigento contro la criminalità mafiosa. Non posso però condividere la sua indignazione espressa oggi. Ho accettato la sentenza di condanna che mi ha portato in carcere come è giusto che faccia chi come me ha un’ostinata fiducia nella giustizia. Ho scontato la mia pena, come dice la Costituzione risocializzante e non punitiva, con grande sofferenza ma con dignità e spirito rieducativo. Ritengo di non dover rimanere “detenuto per tutta la vita” e di avere il diritto, dopo essere stato chiuso in una cella per 1.768 giorni, di poter tornare alla mia vita e di essere libero di impegnarmi nelle cose in cui credo”.


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