Sono le 18:15 quando salgo su un taxi che mi porterà al Grand Hotel des Palm di Palermo dove Schifani, ormai Presidente della regione siciliana, ha insediato il suo quartiere generale e dove, si dice, abbia aspettato da solo in camera per quattro ore.
Il tassista chiede se “c’è qualcosa di politica”, rispondo di sì, che sto andando alla conferenza stampa di Renato Schifani che è stato eletto.
“Eletto a cosa?”, mi risponde lui.
Resto un attimo in silenzio perché mi sembra che non si parli d’altro da settimane e mi fa strano che qualcuno non sappia cosa sta succedendo.
Gli spiego quindi che Renato Schifani è il nuovo presidente della regione siciliana, il tassista allora si apre in un grande sorriso e mi dice “davvero? Sono contento, finalmente un palermitano. Non succedeva da tanto, magari ora ci pensa lui a Palermo”.
È forse il segnale di una campagna elettorale regionale poco sentita, che vede una percentuale di votanti più bassa del 2018 e che ha portato tanti siciliani a non voler scegliere.
Una campagna a tratti sguaiata sul fronte candidati deputati e quasi inesistente sul fronte candidati presidenti.
In sala stampa della regione dalle 14 alle 16 c’è solo malumore per i dati che non arrivano. Ad appena 4 sezioni, un po’ complici gli exit poll, tutti sono già sicuri che sarà Schifani a spuntarla su De Luca, nonostante i comunicati contrari dell’ex sindaco di Messina.
I più navigati invitano alla calma, “aspettiamo almeno 100 seggi scrutinati prima di andare da Schifani”.
Pare che per questa tornata elettorale il conteggio sia stato più difficile, complici le tante schede con voto disgiunto che hanno portato anche a tante schede nulle. E che, ovviamente, hanno acceso discussioni tra presidenti di seggio e rappresentanti delle varie liste.
In questa stanza in cui stancamente e lentamente arrivano i dati, c’è fermento ma fino a un certo punto, si sperava, infatti, in una lotta più serrata, un distacco di pochi punti fino alla fine, invece man mano che arrivano nuovi dati De Luca è sempre due o tre punti dietro. “E i seggi che stanno arrivando sono quasi tutti di Messina”, ci fanno sapere i funzionari.
A quel punto anche De Luca riconosce la sconfitta, nel suo stile, certo, con un post su Facebook in cui dice di aver perso ma che anche i siciliani mica hanno vinto.
Degli altri candidati nessuno si interessa, appena il dubbio che Di Paola (M5S) possa insidiare il terzo posto di Caterina Chinnici (Pd). Questioni che, probabilmente, possono appassionare solo attivisti e giornalisti.
Ogni tanto qualcuno chiede timidamente “ma Armao?” che cade lì nel silenzio, perché a parlare dell’impresa del Terzo Polo alle regionali – che diventa praticamente quinto polo – si sprecherebbero fin troppe energie.
Schifani alle 18.30, esattamente come da programma né un minuto prima né un minuto dopo, è pronto per la sua prima conferenza stampa da Presidente della regione siciliana.
Distinto, pacato, con parole misurate prima ringrazia tutti gli alleati ma in particolar modo spende parole per Miccichè e Berlusconi, per averlo sostenuto in questa candidatura poi parla di obiettivi da raggiungere.
Risponde a quasi tutte le domande meno una: su De Luca infatti si astiene, vuole pensare al futuro e non a una campagna elettorale che ha già archiviato.
Mantiene le distanze con garbo, fa sorrisi appena accennati a ognuno che gli fa le congratulazioni, è un uomo delle istituzioni di altri tempi. Un Presidente del Senato che non avremmo mai visto messaggiare durante una seduta e un Presidente della regione che, con tutta probabilità, non vedremo mai minacciare azzeramenti di giunta su Facebook.
Molto diverso dal suo diretto avversario che sui social ha praticamente un suo format studiato e già ben collaudato quando era sindaco.
Rimbalza per due ore tra fotografi, interviste ai Tg e alle testate nazionali, si ferma ancora una volta a parlare con i giornalisti per un secondo giro di domande. Poi, piano piano, si dirige verso la porta. Pare abbia un’altra intervista per il tg1 e poi impegni personali.
Non grandi festeggiamenti, non bagni di folla in piazza.
Una cena, probabilmente, con pochi intimi.
I pochi siciliani che hanno scelto – al netto delle ombre sul processo Montante in cui è ancora imputato – forse hanno scelto proprio questo rigore, questo ritorno al passato.
di Miriam Colaleo
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