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Processo Open Arms, Richard Gere citato come teste

Richard Gere è ritenuto un testimone chiave e obiettivo delle condizioni a bordo della Open Arms

Sarà sentito il 6 ottobre l’attore americano Richard Gere, quale teste di parte civile al processo Open Arms. E’ stato comunicato conclusione dell’udienza all’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. L’avvocato di parte civile della ong spagnola, Arturo Salerni, ha comunque avvertito che potrebbe slittare al 20 ottobre dovendo giungere dagli Stati Uniti. Le prossime udienze del processo Open Arms sono state fissate per 15 settembre, 6 ottobre (15.30), 20 ottobre, 24 novembre, 1 dicembre e 22 dicembre (15.30), come comunicato dal presidente della II sezione penale di Palermo, Roberto Murgia. Oggi sono stati sentiti, quali testi di parte civile, i soccorritori della nave spagnola Mauro Di Si e Francisco Gentico.

Nella scorsa udienza il fondatore della Open Arms, Oscar Camps, aveva spiegato che Richard Gere, venuto a conoscenza delle difficili condizioni a bordo, lo aveva chiamato “per chiedere cosa potesse fare: gli ho detto di vederci a Fiumicino e di andare insieme a Lampedusa”. L’imbarcazione della ong si trovava in acque internazionali, a ridosso delle acque italiane, davanti a Lampedusa, e l’attore americano il 9 agosto 2019, “si occupò di comprare futta e verdura e abbiamo affittato una imbarcazione per portare quello che avevamo acquistato. Le persone erano da troppi giorni in mare con malattie infettive, scabbia; la mancanza d’acqua non aiutava questa situazione e il medico non ce la faceva più… c’era tanta tensione a bordo, mancava tutto, abbiamo dovuto fare tanti viaggi per portare acqua e medicine e la situazione fisica e psicologica non era facile”.

In un intervista al Guardian la star americana ha raccontato: “Abbiamo visto più di cento persone a bordo e mi sono vergognato che abbiamo così tanto e non siamo in grado di abbracciare questi altri esseri umani, i nostri fratelli e sorelle che erano affamati, traumatizzati. Se gli fosse stato detto che la barca sarebbe tornata in Libia, sarebbero saltati in acqua e si sarebbero annegati, e ho sentito che era nostra responsabilità portare quanta più luce possibile. Voglio dire, nell’Italia profondamente cristiana, come è potuto succedere? È criminale aiutare le persone bisognose? È stato sbalorditivo per me”.

Richard Gere è ritenuto un testimone chiave e obiettivo delle condizioni a bordo della Open Arms. In quel periodo si trovava in vacanza in Toscana e, venuto a conoscenza della situazione, con suo figlio ha preso un volo per Lampedusa. Racconta che un isolano lo ha riconosciuto e si è offerto di aiutarlo e si è recato con una piccola barca carica di provviste sulla Open Arms: “Mi sono presentato. Li ho presentati a mio figlio. Li ho guardati negli occhi. La maggior parte di loro non mi conosceva né sapeva chi ero. Per loro, ero solo un lavoratore che portava del cibo e faceva del suo meglio per sorridere ed essere gentile. Abbiamo portato acqua e cibo, e forse un senso di speranza. Siamo stati un’ancora di salvezza per un mondo di non tortura, di possibilità e sogni. Poi ho chiesto loro chi sono, da dove vengono. C’era una madre con le sue giovani figlie che doveva navigare tra le milizie che cercavano di raggiungere la Libia. Certo, queste ragazze erano facili prede, e lei doveva darsi ad ogni confine, doveva darsi a bande di milizie, sessualmente, per proteggere le sue figlie e portare la sua famiglia nel Mediterraneo, dove ci sarebbe stata speranza e sicurezza. Ed eccola lì, a 20 miglia dalla salvezza ma incapace di raggiungere la riva”. E conclude: “Non conosco chi è sotto processo, sono un testimone, né più né meno. E quello che ho visto posso condividerlo con il resto del mondo se mi viene chiesto”.


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