Un’insegnante palermitana ha ottenuto il risarcimento del danno da una banca che, con un promotore finanziario, aveva gestito i suoi risparmi: per dieci anni però il gestore aveva approfittato della buona fede della donna, appropriandosi di somme di sua proprietà. La causa, intentata attraverso lo studio Palmigiano e associati, al quale la cliente dell’istituto di credito si era rivolta, è stata vinta in primo grado e i risparmi verranno restituiti. La banca ha fatto comunque appello.
Il promotore finanziario che aveva proposto l’operazione godeva di ottima reputazione professionale. La banca, a differenza di altri istituti di credito, non aveva una diffusione capillare nel territorio attraverso agenzie e sportelli e quindi la gestione fiduciaria era essenziale, anche perché il tipo di conto non consentiva l’accesso telematico: per anni, così, tra il 2006 e il 2016, l’insegnante non s’è accorta di nulla.
Successivamente la stessa direzione generale dell’istituto di credito l’aveva informata che erano state registrate anomalie nella gestione del suo conto. Dopo ricerche e analisi svolte da un consulente era emerso che dal conto corrente erano state effettuate una serie di operazioni mai autorizzate, con la sottrazione di oltre 160 mila euro. Con l’assistenza degli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale, la cliente aveva intentato una causa, sostenendo che ci fosse una responsabilità diretta e contrattuale della banca, che aveva manifestamente violato l’obbligo di consegnare direttamente al cliente i codici segreti di accesso al conto e ogni apparecchiatura necessaria per compiere operazioni dispositive on line. Il promotore, con delibera Consob 20085 del 26 luglio 2017, era stato prima sospeso e poi radiato dall’albo unico dei consulenti finanziari (delibera 20434 del 15 maggio 2018). Ora il giudice della quinta sezione civile del tribunale di Palermo, Francesco Paolo Torrasi, ha accolto integralmente le ragioni dell’insegnante, condannando la banca al rimborso della somma di 161.840,86 euro oltre interessi e spese, per responsabilità oggettiva. Il tribunale ha accertato quanto sostenuto dagli avvocati Palmigiano e Vitale: risultava aperto un conto corrente all’insaputa dell’insegnante, sul quale venivano versate somme di denaro dal conto originariamente aperto, senza autorizzazione, assegni falsi, addebiti Rid a favore di società sconosciute, operazioni di disinvestimento e riscatto di polizze.
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