A processo con l’accusa di avere costretto una ragazzina, che due anni dopo si suicidò per la vergogna a soli 17 anni, a fare sesso di gruppo e filmare le scene. Il giudice per l’udienza preliminare di Palermo, Marco Gaeta, ha disposto il rinvio a giudizio dei due ragazzi che all’epoca dei fatti erano maggiorenni accusati di violenza sessuale di gruppo e produzione di materiale pedopornografico. A fare luce sulla tragedia della ragazzina, il cui corpo è stato trovato alla Rupe Atenea di Agrigento, da dove si era lanciata nel vuoto dopo uno straziante post su Facebook, sarà adesso un dibattimento. La prima udienza è stata fissata per il 4 dicembre davanti alla Prima sezione penale.
La Squadra mobile, indagando sull’annunciato suicidio, avvenuto il 18 maggio del 2017, dopo avere scartato alcune piste come quella delle sette sataniche, è risalita ad alcuni video che immortalavano la diciassettenne, due anni prima, mentre faceva sesso di gruppo con quattro ragazzi, di cui due all’epoca minorenni. Pure per loro è stato chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare si terrà martedì.
I quattro giovanissimi – è l’atto di accusa dei pm della procura di Palermo Luisa Bettiol e Giulia Amodeo – avrebbero abusato delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica “legata al consumo di sostanze alcoliche”.
Alla ragazza sarebbe stato intimato di restare ferma e non si sarebbero fermati neppure davanti al suo espresso rifiuto avendo la quindicenne, sostiene l’accusa, pronunciato frasi dal contenuto inequivocabile. “Non voglio”, “non posso”, “mi uccido”, “no, ti prego… mi sento male”. Nonostante la ragazza avesse manifestato apertamente il suo dissenso i quattro giovani, a turno, l’avrebbero costretta a subire gli abusi mentre la scena veniva filmata con il telefonino.
I genitori della ragazza, assistiti dall’avvocato Santina Nora Campo, si sono costituiti parte civile e si sono associati alla richiesta della procura di disporre il rinvio a giudizio. I difensori dei due imputati, gli avvocati Daniela Posante e Antonio Provenzani, avevano chiesto al giudice di emettere una sentenza di non luogo a procedere.
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