La seconda sezione della corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Vincenzo Bommarito contro il rigetto della revisione del processo, in cui l’uomo era stato condannato all’ergastolo per il sequestro, concluso con la morte dell’ostaggio, del possidente di Partinico (Palermo) Pietro Michele Licari.
Il fatto risale al periodo compreso fra il 13 gennaio e il 14 febbraio del 2007 e aveva visto la condanna di Bommarito e di Giuseppe Lo Biondo, giovanissimi all’epoca dei fatti, giudicati separatamente: Lo Biondo, che aveva ammesso i fatti accusando l’amico, aveva scelto il rito abbreviato e se l’era cavata con una condanna a 13 anni e 4 mesi; Bommarito era stato condannato alla massima pena in ordinario.
Nel 2018, ormai divenuto adulto, l’ergastolano aveva presentato richiesta di revisione, dopo le indagini difensive dell’avvocato Cinzia Pecoraro: la Procura generale di Palermo prima e di Caltanissetta poi avevano sostenuto la sua causa, associandosi alla richiesta di revisione.
Per quattro anni l’ex agricoltore era rimasto fuori dal carcere, in sospensione pena, per poi tornare in cella a luglio del 2022, quando la corte d’Appello nissena aveva rigettato il ricorso.
Le tesi favorevoli a Bommarito erano state al centro di convegni – l’ultimo dei quali tenuto la settimana scorsa – e di una serie di trasmissioni del programma di Italia 1 Le iene, che ne avevano sostenuto la fondatezza. Ora la sentenza che dichiara l’inammissibilità, da parte della Cassazione. I familiari di Licari, la vedova i due figli, si sono sempre costituiti parte civile fino al giudizio concluso ieri, con l’assistenza degli avvocati Gioacchino e Alberto Sbacchi.
Le nuove prove alla base della richiesta di rivedere la condanna si fondavano sulle lettere scritte da Lo Biondo, che aveva sostenuto di essere stato costretto a fare il nome dell’amico e su alcuni elementi processuali, tra cui “l’aggancio” di una cella del telefonino di Bommarito, dopo circa un’ora dal rapimento, alle 20:06 del 13 gennaio 2007, con un ripetitore di un luogo distante da quello in cui si trovava la vittima, poi morta di stenti durante la prigionia, e cioè a Castellammare del Golfo (Trapani) e non in territorio di Borgetto (Palermo).
La questione è stata risolta con la considerazione che sia 17 anni fa che adesso capita che in quel territorio i cellulari si aggancino con ripetitori lontani. Tra l’altro, a dimostrazione del fatto che i rapitori erano insieme a Borgetto pochi minuti prima, alle 19:49, fra i due risultava lo scambio di due sms, nella stessa zona dove fu rinchiuso l’ostaggio.
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