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Relazione semestrale della Dia: la mafia esercita ancora una “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni

La prolungata assenza al vertice di una autorevole e riconosciuta leadership starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa

È stata pubblicata sul sito del Senato della Repubblica la Relazione semestrale della Dia presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata di tipomafioso del II semestre del 2022. L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che i sodalizi mafiosi prediligono agire negli ambiti illeciti che destano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano ingenti profitti gradualmente immessi nei circuiti legali con conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati.

L’andamento del fenomeno mafioso nella Regione Siciliana non ha subìto complessivi mutamenti sostanziali rispetto al semestre precedente, in cui Cosa Nostra manterrebbe ancora il controllo del territorio in un contesto socio-economico tuttora fortemente cedevole alla pressione mafiosa. Nonostante le numerose attività di contrasto eseguite nel tempo cosa nostra continuerebbe a manifestare spiccate capacità di adattamento e di rinnovamento per il raggiungimento dei propri scopi illeciti.

Sono trascorsi trent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio e sono stati raggiunti risultati straordinari nel contrasto alla sfida lanciata alle Istituzioni democratiche da Totò Riina, come dimostra la cattura di Matteo Messina Denaro, della quale occorre rendere onore e merito alla DDA di Palermo ed alle Forze dell’Ordine che l’hanno consentita. Ma proprio la cattura di Matteo Messina Denaro dimostra che cosa nostra esiste ancora e, superata la frattura fra corleonesi e perdenti, prosegue nei suoi traffici attraverso la strategia della sommersione che ha consentito al latitante più ricercato dell’organizzazione di farsi curare in una clinica di Palermo per un lungo periodo, come negli anni ottanta, allorché le reti di protezione e l’omertà, ben miscelate, consentivano ad altri mafiosi latitanti di girare indisturbati per le vie della città.

Essa, infatti, continua ad evidenziare l’operatività delle sue articolazioni in quasi tutto il territorio dell’Isola con consolidate proiezioni in altre regioni italiane e anche oltreoceano tramite i rapporti intrattenuti con esponenti di famiglie radicate da tempo all’estero. In cosa nostra palermitana, come in quelle attive nelle province occidentali e orientali della Sicilia, la prolungata assenza al vertice di una autorevole e riconosciuta leadership starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. Non mancherebbero, tuttavia, i tentativi da parte di anziani uomini d’onore, recentemente ritornati in libertà, di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di appartenenza. Nel territorio siciliano si registra altresì la presenza di altre organizzazioni mafiose sia autoctone, sia straniere, che riescono a coesistere con Cosa nostra in ragione di un’ampia varietà di rapporti e di mutevoli equilibri.

Ad Agrigento continua a registrarsi l’operatività anche della stidda e di altri sodalizi paramafiosi, come paracchi e famigghiedde. In provincia di Catania e, più in generale nella Sicilia Orientale, risultano ancora attive importanti famiglie mafiose riconducibili a cosa nostra che al suo modello fanno riferimento sotto gli aspetti organizzativo, funzionale e criminale. In tale contesto territoriale, operano, inoltre, altri sodalizi di tipo mafioso non ricompresi in cosa nostra che possiedono la medesima articolazione delle famiglie di Catania e, in altri casi, alternano ad una matrice banditesca schemi organizzativi adattivi e fluidi tipici dei quartieri in cui i tali gruppi insistono. Le “…organizzazioni mafiose del distretto si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo sociale del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza; si confermano quindi le caratteristiche strutturali ed operative delle associazioni di tipo mafioso radicate sul territorio e la loro composizione organica”.

Evidente, inoltre, è la propensione dei sodalizi catanesi ad espandere la loro zona di influenza nei contesti circostanti. Difatti, nelle province di Siracusa e Ragusa risultano tangibili le influenze di cosa nostra catanese e, in misura più ridotta, anche della stidda gelese. Tuttavia, grazie al “…meritorio impegno della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, della Direzione Investigativa Antimafia, sono stati sviluppati efficaci interventi nei confronti delle diverse articolazioni di cosa nostra e nei confronti delle altre consorterie criminali di tipo mafioso insediate nel distretto – tra queste ultime i clan della stidda di Ragusa – con l’esecuzione di numerosissime ordinanze di custodia cautelare, per il delitto previsto dall’art. 416-bis del codice penale…”.

Anche nel secondo semestre 2022 la criminalità organizzata siciliana risulterebbe esercitare una “capacità attrattiva” sulle giovani generazioni, coinvolgendo non solo la diretta discendenza delle famiglie mafiose ma, anche e soprattutto, un bacino di utenza più ampio al fine di ampliare la necessaria manovalanza criminale.

L’ormai consolidata strategia di “sommersione” dettata dalle organizzazioni siciliane prevede il minimale ricorso alla violenza al fine di evitare allarme sociale e garantire, nel contempo, un “sereno” arricchimento economico tramite l’acquisizione di maggiori e nuove posizioni di potere. Nel periodo di riferimento vengono confermati quali principali interessi criminali delle mafie siciliane, il traffico di stupefacenti, le estorsioni, l’infiltrazione nei comparti della pubblica amministrazione, nell’economia legale, nel gioco e nelle scommesse online, settore quest’ultimo che garantisce una singolare modalità di controllo del territorio, strumentale anche per il riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.

Nel traffico degli stupefacenti si conferma la capacità di cosa nostra di instaurare relazioni commerciali e di stringere alleanze o forme di cooperazione con altre matrici mafiose, quali ‘ndrangheta e camorra, per l’acquisto di ingenti quantitativi su larga scala. Dalle attività investigative concluse nel periodo di riferimento è emerso come cosa nostra, per l’approvvigionamento di cocaina, abbia mantenuto un privilegiato canale di negoziazione soprattutto con le cosche calabresi. Tuttavia non può escludersi che cosa nostra riesca, nel tempo, a riattivare i vecchi flussi con i fornitori del continente americano e riacquisire lo storico ruolo di player internazionale nell’ambito del narcotraffico.

Con riferimento allo spaccio al minuto, le organizzazioni criminali ricercherebbero manovalanza anche tra i più giovani nelle periferiche e più degradate aree urbane. In taluni quartieri di Catania, ad esempio, tali attività sarebbero considerate anche una sorta di “occupazione” e, quindi, un’occasione di rapido guadagno per molte famiglie (non necessariamente mafiose) disposte anche a coinvolgere i figli minori. Un altro ambito criminale preferito dalle organizzazioni mafiose è quello delle estorsioni, considerato strategico per il sostentamento dei familiari dei detenuti e mediante il quale i clan esprimono un più incisivo “controllo” del territorio. Oltre alla richiesta del tradizionale “pizzo”, tuttavia, emergono modus operandi alternativi in base ai quali le organizzazioni criminali tenderebbero a prediligere forme più subdole e meno evidenti di imposizione estorsiva: alle consegne di denaro, ad esempio, si sostituirebbero le assunzioni o le forniture di prodotti e servizi che, per gli operatori economici vessati, risulterebbero maggiormente graditi poiché “costo d’impresa, ben tollerato, o addirittura richiesto, in cambio di protezione”.

Le organizzazioni di tipo mafioso, per infiltrare il tessuto economico della Regione, ricercano un qualificato appoggio dei funzionari pubblici, dei rappresentanti delle Istituzioni locali e degli imprenditori, tentando anche di reclutare soggetti dotati di spiccate capacità organizzative ed imprenditoriali. Non sfugge agli interessi criminali neanche l’agro-pastorizia, importante settore dell’economia siciliana ed oggetto di articolati tentativi finalizzati all’illecita acquisizione dei contributi comunitari concessi per lo sviluppo rurale dell’Isola.

Nella regione siciliana è stata riscontrata anche la presenza di organizzazioni criminali straniere cui è stata talvolta riconosciuta la connotazione mafiosa. In particolare, ci si riferisce ai sodalizi nigeriani basati sul cultismo e identificati da varie sigle, attivi prevalentemente nella gestione del traffico di stupefacenti, della prostituzione e, in alcuni casi, della tratta di esseri umani. Al riguardo, è da segnalare la presenza anche di soggetti tunisini dediti soprattutto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Sul piano dell’aggressione ai patrimoni illeciti, con riferimento ai sequestri e alle confische, anche nel semestre in questione la DIA ha conseguito risultati ragguardevoli, per arginare concretamente il potere economico di cosa nostra, eseguendo provvedimenti ablativi di beni per uno stimato valore complessivo di 2 milioni e mezzo di euro.

Anche verso il contrasto delle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e negli Enti locali, la Dia ha garantito – unitamente alle altre Forze di polizia – il consueto, fattivo contributo, a supporto dell’Autorità prefettizia, consentendo l’emissione di ben 55 interdittive antimafia.

Nel semestre, in Sicilia permangono commissariati 4 consigli comunali: Calatabiano (CT) con DPR del 18 ottobre 2021, Barrafranca (EN) con DPR di proroga del 2 agosto 2022, San Giuseppe Jato (PA) con DPR di proroga dell’8 novembre 2022 e Bolognetta (PA) con DPR del 19 novembre 2021.


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