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Rigettato dal Tar un ricorso sulle ex Province: si vota il 27 aprile

Il Tar ha infatti giudicato "inammissibile" il ricorso che era stato avanzato contro le elezioni di secondo livello programmate per il 27 aprile

Stop al ricorso contro le elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi e nelle Città metropolitane della Sicilia. Il Tar Palermo ha infatti giudicato “inammissibile” il ricorso che era stato avanzato contro le elezioni di secondo livello programmate per il 27 aprile.

Il ricorso proposto da Giambattista Genovese, presidente del Consiglio comunale di Ispica, è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione in quanto “oggetto del giudizio non è il procedimento elettorale, ma il libero esercizio del diritto di voto che si assume leso dalla presunta illegittimità costituzionale della legge statale e, conseguentemente, della legge regionale che tali elezioni disciplina, e di cui il Decreto impugnato costituisce atto meramente attuativo”. Resta la possibilità di riproposizione del giudizio davanti al competente giudice ordinario, ma è estremamente difficile che la giustizia ordinaria riesca a intervenire in così poco tempo su una situazione particolarmente complessa come quella del voto alle ex Province.

La norma processuale riguardante il processo amministrativo, secondo i giudici palermitani, si riferisce esclusivamente a “i provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali”; in questo caso il ricorrente non assume la lesione del proprio diritto a partecipare al procedimento elettorale censurato – chiede la sospensione dell’efficacia – ma sostiene che la disciplina elettorale, delineata dalla normativa statale e da quella regionale, leda il diritto di elettorato attivo sotto il profilo della presunta carenza di condizioni di uguaglianza e non discriminazione, chiedendone la sostituzione con una del tutto diversa.

Il giudice amministrativo ha competenze infatti sulle sole “operazioni elettorali”, la regolarità delle forme procedimentali di svolgimento delle elezioni, “alle quali fanno capo nei singoli posizioni che hanno la consistenza dell’interesse legittimo, non del diritto soggettivo”, controversia di cui si occupa invece la giustizia ordinaria.

Il ricorrente lamentava la presunta compromissione dei suoi diritti fondamentali quale consigliere comunale, con particolare riferimento alla formazione dei Consigli dei Liberi consorzi e dei Consigli metropolitani e si lamenta anche dell’attuale soluzione organizzativa della legge Delrio, poiché contrastante con il principio di eguaglianza dei cittadini, e in particolare dei consiglieri comunali, e con il loro eguale diritto di partecipare alla vita pubblica. Contesta quindi l’esistenza di un diritto fondamentale di voto, lamentando la presunta compromissione del suo diritto di voto, che deriverebbe dal fatto che il ricorrente “quale cittadino di un comune “minore” ha a suo tempo votato per il sindaco e per i consiglieri di tale comune; evidenziando che “questi ultimi subiscono in via diretta le menomazioni che sono state indicate a carico dei loro diritti/poteri di partecipazione politica, ma in realtà siffatte limitazioni risultano a carico del cittadino-elettore-rappresentato”.

È quindi in discussione – si legge nella sentenza – la stessa esistenza del diritto di voto in relazione ad una lamentata radicale menomazione della posizione soggettiva del cittadino elettore, il quale non vota quella carica, ma poi viene amministrato quale cittadino di un comune “minore” che fa parte della Città metropolitana o del Libero Consorzio, con un’asserita menomazione del diritto fondamentale del predetto.

“Siamo riusciti a sventare il tentativo del centrodestra di far saltare le elezioni di secondo livello – afferma il deputato del Partito democratico all’Ars, Nello Dipasquale, che si era opposto alla richiesta di sospensione – puntavano a prolungare ancora il commissariamento degli enti per potere perpetuare il loro controllo ma questa volta gli è andata male. Le ex Province andranno al voto e, seppur non in maniera diretta, saranno i cittadini attraverso i sindaci e i consiglieri comunali a decidere chi dovrà amministrare gli enti“.


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