La polizia di Stato ha eseguito un sequestro preventivo disposto dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma, riguardante due società che operano nel campo dell’edilizia: la “Professionals at work s.r.l.” e la “Edil Gallo s.r.l.s.”.
Il provvedimento segue l’operazione che ha fatto finire in carcere, lo scorso luglio, l’ex collaboratore di giustizia di Racalmuto Ignazio Gagliardo, accusato di estorsione aggravata.
Il sessantenne, da tempo libero e fuori dal programma di protezione, è indagato per una vicenda legata all’aggiudicazione di un immobile all’asta. Le indagini sono state avviate in seguito alla denuncia di un uomo che ha raccontato di avere subito pressioni per vendere, a un prezzo di mercato inferiore, un appartamento che si era aggiudicato all’asta.
Gagliardo insieme ad altri tre indagati, di cui uno ritenuto contiguo a clan camorristici, avrebbe compiuto dal luglio del 2023 alcuni atti intimidatori contro l’uomo. Quando non vi è stato più interesse all’immobile, infine, gli sarebbero stati estorti 12mila euro a “chiusura” del caso.
Proprio analizzando la condizione patrimoniale di Gagliardo, gli operatori della sezione criminalità organizzata della squadra mobile hanno rilevato “gravi e concordanti indizi – è l’atto di accusa – in ordine al reato di intestazione fittizia aggravato dal metodo mafioso, delle due società che attualmente operano nel campo dell’edilizia, con sedi a Roma, avviate per mezzo di prestanome al fine di poter svolgere lavori in virtù del ‘Superbonus 110%”.
L’intestazione fittizia delle società, secondo l’accusa, mascherava la condizione dell’effettivo titolare gravato da precedenti per associazione di tipo mafioso, che gli avrebbero impedito di ottenere i benefici previsti dalla normativa del Superbonus, e gli evitava di incorrere in eventuali sequestri di carattere patrimoniale.
Gagliardo, nei primi anni Novanta, dopo essere sfuggito alla cattura nella maxi operazione “Akragas”, si rifugiò in Sudafrica e si diede alla latitanza salvo poi rientrare, dopo 8 anni, per fare curare in Italia la moglie ammalata e collaborare con la giustizia.
Il braccio destro dell’ex capo provincia di Cosa nostra, Maurizio Di Gati, non è stato mai condannato per omicidi e le sentenze per associazione mafiosa ed estorsione, insieme ai benefici previsti per i pentiti, gli avevano consentito da tempo di tornare in libertà.
Nel 2012 il fratello Luigi, anche lui coinvolto in vicende minori di mafia, aveva ucciso i genitori levandosi poi la vita.
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