Il tribunale di Palermo ha assolto perché “il fatto non sussiste” Antonio Spoto, imputato della circonvenzione di una nobildonna romana, Leonarda Aula, morta nel 2020 all’età di ottant’anni. Spoto, nato nel 1980, secondo l’accusa si sarebbe fatto adottare dall’anziana signora, convincendola a vendere la sua residenza nella Capitale per acquistare un appartamento di 440 metri quadrati nella centralissima via Principe di Belmonte, nel capoluogo siciliano. Grazie all’adozione, dopo il decesso di Aula, Spoto divenne unico erede, acquisendo la proprietà dell’immobile, valutato cinque milioni di euro, e di altri beni, contenuti in cassette di sicurezza, soprattutto gioielli di enorme valore. Denunciato dagli altri parenti della nobildonna, il figlio adottivo era finito imputato a Palermo, ma ieri è arrivata la decisione a lui favorevole, su un caso che aveva suscitato grande clamore mediatico, quando venne fuori, nell’estate di due anni fa. Si tratta però solo del primo round giudiziario e in sede penale, dove Spoto era assistito dagli avvocati Aristide Galliano e Nello Murgia: sono in gioco anche altri capitoli della vicenda, alcuni culminati con i sequestri di beni, eseguiti dalla Direzione investigativa antimafia.
Madre adottiva e figlio si erano conosciuti a Roma nel 2018 e lui, visto il notevole ascendente che esercitava sull’anziana dal sangue blu, l’avrebbe convinta a trasferirsi a Palermo. In quel periodo Leonarda Aula, vedova e senza figli, arrivata alla soglia degli ottant’anni, complice anche il lockdown di inizio 2020, aveva diradato la frequentazione e i rapporti con i familiari romani. Alla morte di lei, avvenuta nell’ottobre di cinque anni fa, Spoto, nominato erede universale e aggiunto al proprio il cognome Aula, era divenuto improvvisamente milionario.
Un passaggio di eredità che aveva suscitato le ire e le denunce degli altri parenti, da lui inseriti in una black list per non essere ammessi dal portiere nel palazzo di via Belmonte. La replica era arrivata con una documentata denuncia, in cui era stato esposto il (presunto, vista l’assoluzione) piano di Spoto, legato da tenera amicizia con la Aula, ma che poi avrebbe optato non per un “clamoroso” matrimonio, vista la differenza di età, bensì per l’adozione. Il rinvio a giudizio era stato deciso nell’estate del 2023, ma nel 2021 c’era già stato l’intervento della Dia, che aveva sequestrato i beni ereditati da Spoto, tra cui cassette di sicurezza, immobili e conti correnti ancora intestati alla donna; un secondo sequestro era stato eseguito nel giugno del 2023, dopo che l’allora indagato avrebbe tentato di portare la restante parte del patrimonio all’estero, in Repubblica Ceca. Allora era stato fermato dopo una segnalazione dell’Ufficio informazioni finanziarie di Bankitalia. Spoto, secondo l’accusa, avrebbe fatto leva sull’ingenuità e sul senso di solitudine della donna, che però aveva scritto un testamento olografo la cui autenticità è stata provata. Tanto che ora è arrivata l’assoluzione di Antonio Spoto Aula.
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